lunedì 21 dicembre 2015

E se volessi giocare... Mass Effect?

Welcome back.
Questo è il settimo articolo di questa rubrica, dove analizzo una serie tv, un videogioco, un romanzo, un fumetto o un film per capirne la struttura narrativa, consiglio giochi esistenti per giocare la stessa tipologia di storie e suggerisco qualche idea per crearne uno da zero.


Come avrete intuito, oggi si parla di Mass Effect, videogioco fantascientifico sviluppato da Bioware nel 2007, inizialmente nato per Xbox 360 e PC, ma poi sbarcato anche su Playstation 3 con il secondo e il terzo capitolo della saga. Mass Effect è una space opera hard sci-fi con un approccio a metà tra un gioco di ruolo e uno shooter in terza persona, ambientata in un futuro lontano dove l'umanità ha scoperto un antico portale alieno su Marte e, attraversandolo, è venuta in contatto con un'intera galassia popolata da specie intelligenti. Nei panni del comandante Shepard il giocatore rappresenterà l'umanità e affronterà una minaccia ancestrale che proviene dal remoto passato della galassia.
FemShep e BroShep che fanno il brofist.

Caratteristiche principali

Prima di gettarci nell'ideazione del GDR ideale, o nella scelta o modifica di uno potenzialmente indicato, è importante capire quali sono i punti salienti dell'opera che vogliamo giocare. Quindi, quali sono le caratteristiche principali di Mass Effect?

Un momento però. Prima di avanzare con la lettura fate partire il video. È Uncharted Worlds, il tema musicale della mappa galattica del gioco.

Epiche missioni di gruppo
Essendo di base un gioco di ruolo, ed essendo storicamente i giochi di ruolo focalizzati su un gruppo che svolge missioni, Mass Effect sposa pienamente questo approccio. I protagonisti lavorano in un gruppo compatto che ricorda un ambiente militare, ma più rilassato, e svolgono missioni importanti collegate tra loro tematicamente, poiché l'obiettivo di ognuna si ricollega a un obiettivo più grande. Ogni missione è infatti un tassello all'interno di una trama più ampia, un percorso che ha come ultima meta lo scontro finale con un avversario potente, un cattivone che tira le fila di un piano pericoloso per il destino stesso della galassia.

È una struttura presente nel primo capitolo, potenziata nel secondo con la missione suicida finale e portata agli estremi nel terzo episodio, dove c'è davvero in ballo la galassia stessa. Il tono è epico sin dai primi momenti, con i personaggi che affrontano pericoli di scala enorme per un bene superiore. È chiaro che minacce di portata cosmica non possano essere sconfitte da una persona sola. Serve una squadra.

È vero che nella saga il vero protagonista è Shepard, ma perché è l'unico personaggio utilizzabile dai giocatori. La storia di Mass Effect è decisamente corale e il gruppo ha una grande importanza. Ogni membro ha capacità peculiari che lo rendono diverso dagli altri, e specialmente, una storia personale solida e drammatica con tanto di obiettivo da raggiungere. Ci sono sempre missioni legate a doppio filo ad uno dei protagonisti, che si amalgamano a quelle della trama principale. L'importanza del lavoro di squadra è ribadita più volte in ognuno dei tre capitoli, e i rapporti tra i membri sono vitali per la buona riuscita delle missioni.

Si parla e si spara per la salvezza della galassia
La portata epica delle missioni richiede eroi competenti che si gettino attivamente nel pericolo. È chiaro dunque che i combattimenti, specialmente sparatorie con armi fantascientifiche (parliamo di un mezzo shooter), siano all'ordine del giorno e abbiano un peso considerevole. Ma Mass Effect è famoso anche per il suo profondo sistema di dialoghi, e infatti molti momenti tesi, e alcune missioni, sono portati a termine senza colpo ferire, semplicemente parlando. Il parlare è importantissimo e ricopre una fetta grossa di tutta l'esperienza di gioco. Si manipola, si minaccia, si convince, si ammalia, e tutto con la forza delle parole.

Si diceva che quando non si parla, si spara. Quando succede lo scontro è sempre tattico. Si usano tantissimo le coperture e si cerca di attuare un mix compatto tra armi da fuoco, poteri biotici e abilità ingegneristiche. Non si avanza mai allo sbaraglio, ma si studia il terreno, si acquisiscono posizioni favorevoli e ogni membro del gruppo usa le sua abilità peculiari per avere la meglio. Lo scontro è spesso contro flotte di nemici minori, ma non mancano boss di fine missione particolarmente tosti e potenti.

Certamente, non mancano momenti dove è necessario manomettere apparecchiature e lavorare di testa, ma il grosso dei momenti di conflitto è sempre a un livello sociale o a un livello di scontro a fuoco.

Le specie aliene e l'umanità
La galassia di Mass Effect pullula di razze aliene avanzate, ognuna con le sue caratteristiche uniche, la sua civiltà e, specialmente, con i suoi rapporti con il resto della galassia. Il tema del rapporto tra specie diverse è fondamentale in tutta la saga, e non solo perché restare uniti è essenziale per affrontare la minaccia dei Razziatori. 

Si sente molto forte il tema dell'antirazzismo, mai sbandierato ai quattro venti, ma sempre presente in sottofondo. Collaborare, accettare la diversità dell'altro in modo da vederla come un punto di forza, amare specie diverse. Tutta la storia però è indubbiamente umana: il punto di vista principale è quello dell'umanità e l'uomo è la specie con peso maggiore all'interno degli eventi galattici (nonostante ne abbia di meno dal lato politico). 

Le altre specie sono presenti e giocano un ruolo importante, ma i primi attori sono giocoforza sempre gli umani, i quali grazie alla loro malleabilità, sono i primi a reagire contro la minaccia galattica. A mio avviso non è una forzatura che va contro il tema della collaborazione tra specie; è giusto uno stratagemma per far sentire la storia più vicina ai giocatori, innegabilmente umani. 

Profonde relazioni personali
Come si è accennato nel primo punto, le relazioni tra personaggi sono di un'importanza capitale. I protagonisti legano tra loro in maniera profonda, sia in positivo che in negativo. Non mancano contrasti, odi reciproci e musi, specialmente tra personaggi dal carattere particolarmente forte e dalle idee totalizzanti, che possono portare a rovinose conseguenze (penso a Jack e Miranda). Ma Mass Effect è amato dai fan anche e specialmente per le sue storie d'amore e amicizia. 

Tra una missione e l'altra, a bordo dell'ormai mitica Normandy, i personaggi hanno il tempo di socializzare e parlare tra loro. Si raccontano storie, giocano, si allenano, scherzano e fanno l'amore, avvicinandosi sempre di più e creando legami profondi come amori e amicizie. In alcuni frangenti del gioco il grado di fiducia e di vicinanza tra i membri dell'equipaggio diventa essenziale, perché avere un equipaggio poco propenso ad aiutarsi a vicenda non gioca bene ai fini della missione. Ciò che rimane impressa sopra ogni cosa, però, è la storia d'amore che ogni giocatore può portare a termine con uno degli altri personaggi (io ho un debole per Liara <3) e che travalica estrazione sociale, sesso e specie. L'amore, in Mass Effect, è davvero arcobaleno, e questo piace un sacco a moltissimi fan, me compreso. 

Un'intera galassia davanti a noi
L'esplorazione spaziale ha un certo peso nell'economia del gioco, e non solo perché è utile all'ottenimento delle risorse. Il senso di meraviglia nei confronti del grande scenario cosmico è palpabile ed elettrizzante. I pianeti ospitano strabilianti avventure, lo spazio è solcato da navi misteriose, antichi manufatti Prothean aspettano solo di essere trovati e l'immensità del cosmo esplorata. 

Cosa dovrebbe avere un gioco ideato da zero

Mass Effect è un gioco che deve tanto alla struttura dei classici gdr alla D&D, cosa che ci rende molto semplice pensare a come strutturarlo. Ovviamente dobbiamo calcare la mano su epicità, sense of wonder, conflitti sociali e relazioni tra i membri del party, ma sento che questa volta le cose ci andranno in discesa.

Per primissima cosa, possiamo pensare a come strutturare la fase di preparazione della partita e dei personaggi. È chiaro debba esserci una grossa minaccia all'orizzonte. Tutto sta nel capire se vogliamo sia decisa in fase di preparazione o se la sua natura si riveli solo dopo alcune sessioni, e sia decisa di nascosto da un eventuale gm. Qualunque sia la scelta, mi piace l'idea che la minaccia diventi sempre più vicina e incombente missione dopo missione. Non sarebbe male inserire una specie di conto alla rovescia o timer.

Un'altra cosa importante da pensare è come vogliamo gestire il party e la creazione dei personaggi. Ovviamente, la scelta della specie e della posizione sociale (classe?) sarebbe un inizio obbligato, e da queste cose potrebbero derivare una serie di competenze dei personaggi (che possiamo gestire come abilità o con qualsiasi altro sistema ci aiuti a gestire le competenze). Tralascerei elementi come soldi, equipaggiamento e cose simili, perché a mio avviso sarebbero troppo pesanti e renderebbero troppo lunga la fase di creazione. Al massimo, se proprio vogliamo, possiamo inserire giusto qualche oggetto davvero importante (armi, gioiellini elettronici e cose così), ma per il resto darei per scontato che ogni personaggio abbia ciò che gli serve per svolgere al meglio il suo ruolo.

Una cosa davvero importante da gestire sarebbero, ovviamente, i legami. A me piace l'idea di gestirli come una serie di tratti, in modo da conoscere la natura dei legami tra i personaggi e la loro evoluzione. Pensandoci però non sarebbe una cattiva idea gestirli secondo una griglia dove i vari legami possono avvicinarsi a cose come amicizia, amore, rispetto, ecc. Un'altra idea ottima sarebbe, a mio avviso, quella di differenziare la natura dei legami in base alle specie. Nell'universo di Mass Effect ci sono inimicizie e alleanze tra specie, e questo dovrebbe pesare in qualche modo.

Una volta ottenuti i personaggi, c'è da pensare a come gestire la missione. Giochi come il mio Fantasy la fanno creare direttamente ai giocatori, e noi possiamo optare per un approccio simile, magari usando uno schema prefissato o delle domande a cui rispondere. I giocatori scelgono l'obiettivo della missione e starebbe al GM costruirci attorno. Chiaramente, le missioni dovrebbero inscriversi all'interno di un quadro più grande, che sarebbe il fronteggiare una minaccia finale.

Ovviamente, ogni missione sarebbe ambientata su un mondo alieno, una stazione spaziale, una nave, un satellite e qualsiasi altra cosa possa essere figa e legata a qualche obiettivo. Qui dovremmo pensare a come spingere sulla componente esplorativa. È il GM l'unico che può inserire dettagli e info, oppure possono farlo anche i giocatori.

A questo punto dovremmo anche pensare alle missioni personali. Ogni personaggio avrebbe infatti un
desiderio o un problema, possibile da risolvere o esplorare svolgendo una missione dedicata. È probabile che in questo abbiano un peso i legami tra i membri della ciurma, o almeno, dato che dovrebbero pesare sempre e comunque, avrebbero un peso maggiore.

Veniamo ora a una delle parti salienti: come gestiamo gli scontri a fuoco e i vari conflitti, specialmente quelli verbali? Un sistema a rilanci sarebbe molto adeguato, perché simulerebbe sia i tipici diverbi del videogioco sia gli scontri a fuoco, che sono complessi e si basano su un susseguirsi di coperture, spostamenti e uso dei poteri. Potremmo anche pensare a una serie di manovre, valide in qualsiasi conflitto, tanto a fuoco che verbale. Penso a cose come "barricarsi" (per aumentare le difese), "attacco diretto", "dribling", ecc.

Da come andranno le missioni e i conflitti dipenderà l'avanzamento della storia e dei personaggi. Dobbiamo pensare a un metodo di avanzamento, dove i personaggi evolveranno non soltanto nelle loro competenze, ma anche e specialmente come persone. Muteranno, stringeranno nuovi legami, cambieranno idee e modi di fare e diventeranno delle persone un po' differenti.

Scattato un certo numero di avanzamenti, ecco che la minaccia all'orizzonte sarà ormai così vicina da non poter più aspettare. Va affrontata.

Quali giochi usare o adattare

Siamo troppo pigri o non abbiamo il tempo per costruirci un gioco tutto da zero? Niente paura, di seguito vi propongo qualche titolo abbastanza azzeccato, che potrete usare al naturale o dopo una serie di modifiche.

Il mio Fantasy (lo trovate qui)
Non fatevi ingannare dalle apparenze, perché il mio Fantasy è forse uno dei giochi migliori per giocare Mass Effect. So benissimo che è un fantasy, ma fidatevi di me, ha una struttura a dir poco perfetta per i nostri scopi. Ve lo posso assicurare perché ho aiutato l'autore a ultimarlo (e perché il setting non conta veramente). 

Parla di personaggi competenti che avvistano una minaccia oscura all'orizzonte, ma sono gli unici a crederci e ad agire per arginarla (ogni riferimento a Mass Effect 2 è puramente casuale). Lavorano in gruppo svolgendo missioni che li porteranno sempre più vicini ad affrontare la minaccia, sino ad arrivare all'epico scontro finale, l'unico momento dove si rischia davvero la morte e dove l'estremo sacrificio personale potrebbe salvare la giornata. Tra una missione e l'altra i nostri eroi avranno anche il tempo di approfondire i legami tra di loro (importantissimi meccanicamente) e credere sempre più nella loro missione. Il gioco ha anche una meccanica molto efficace per logorare gli eroi e costringerli a tornare a casa, nonché un sistema di conflitti molto bello che regge senza problemi sia scontri a fuoco che lunghi e complessi conflitti verbali. 

Ora capite perché è perfetto: la sua struttura è praticamente ricalcata su Mass Effect, tutti e tre i titoli della saga. Inoltre, la creazione dei personaggi è così libera e leggera che non avrete problemi a creare le razze di Mass Effect e donare ai vostri personaggi capacità e attributi unici, come abilità biotiche o cose ancora più particolari. L'unico piccolo problema è che durante la fase di creazione dovrete scegliere tra Guerriero, Mago ed Esploratore. Ma nessun problema, vi basterà scambiare queste macro classi con Soldato, Ingegnere e Biotico, e magari aggiungere anche Esploratore (per le capacità da pilota, da infiltrato e da scout). 
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Fate Base (lo trovate qui)
Di solito tendo a consigliare il Fate Accelerato, ma per Mass Effect funzionerebbe meglio il Base. Intanto, che il Fate sia adatto a Mass Effect mi pare indubbio. È un gioco fatto per vivere storie di eroi competenti, proattivi e drammatici, e i personaggi di Mass Effect sono potentemente tutte e tre le cose. Come gioco gestisce facilmente un gruppo fatto di personaggi con problemi, che è esattamente quello che vogliamo noi, e funziona molto bene in formato "missioni da svolgere" con enormi problemi incombenti all'orizzonte (è la sua struttura).

Perché meglio il Base dell'Accelerato? Beh, perché il Base si focalizza sulle competenze, e in effetti i personaggi di Mass Effect sono molto diversi da questo punto di vista. Certo, sono unici e spettacolari anche per caratterizzazione e storia personale (gli aspetti ci verranno in aiuto), ma in effetti è evidente che abbiano competenze molto diverse l'uno dall'altro.

Per il resto, il regolamento è molto adatto, ma questo per sua stessa natura e non credo ci sia bisogno di spiegare perché. Inoltre gli aspetti sono fenomenali in un setting come quello di Mass Effect. Deve averlo pensato anche Don Mappin, che ha già lavorato su un immenso hack del Fate a tema Mass Effect. Purtroppo è stato rimosso dalla rete per motivi di copyright, e anche se penso l'autore abbia un po' travisato gli intenti del Fate (tutta la parte di creazione del personaggio è veramente fuori luogo) e fatto un lavoro non proprio eccellente, rimane uno spunto enorme al quale attingere. Contattatemi in privato se siete interessati: io lo possiedo. 
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Uncharted Worlds (lo trovate qui)
Beh, PbtA a tema Space Opera... mi sembra un consiglio obbligatorio; tra l'altro si chiama come il pezzo musicale che vi ho linkato più su. Ho però qualche remora per il semplice fatto che ho letto velocemente il gioco e non l'ho mai provato, quindi non posso assicurare sulla sua effettiva qualità. 

Essendo un gioco a tema Space Opera, Uncharted Worlds porta in tavola quei temi avventurosi ed esplorativi tipici di Mass Effect, tra l'altro una delle sue opere di ispirazione (c'è proprio scritto nel manuale), e lo fa utilizzando il motore dei powered by the apocalypse. Questa volta però scordatevi i libretti, perché UW usa un sistema di creazione che miscela competenze e origini, e anche in questo ricorda molto Mass Effect.

A giudicare dalle mosse e dalle regole, ricorda Mass Effect anche nella gestione degli scontri, dei conflitti verbali e, specialmente, nei legami tra personaggi, dato che dà enorme spazio ai rapporti tra personaggi quando questi si trovano a convivere in uno spazio ristretto (come la Normandy).
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Adventures on Dungeon Planet (lo trovate qui)
Questo gioco non è altro che una hack di Dungeon World per giocare avventure nello spazio. Se conoscete Dungeon World saprete che parla di un gruppo di avventurieri che affrontano avventure dal tono epico. Ecco, direi che va abbastanza bene per i nostri scopi, anche perché gestisce i legami tra personaggi. L'unico grosso problema è che Dungeon World funziona meglio con setting creato direttamente al tavolo, ma sono convinto "basti" molto affiatamento su questo lato.

Adventures on Dungeon Planet non fa altro che calcare la mano su esplorazione spaziale e avventure cosmiche, proponendo regole per le astronavi, nuove armi, nuovi approcci ai fronti e, specialmente qualche nuova classe molto più in linea con il genere (tipo lo Scienziato, che si sovrappone al Chierico) e modifiche adeguate per le classi tradizionali di DW. Ovviamente, alcune classi rimangono sempre molto fantasy, ma non credo sia difficile ricolorare il Mago per farlo assomigliare a un Biotico. Dovrete anche rimaneggiare un poco le razze, ma anche li non dovrebbero esserci grossi problemi.

Un ultimo consiglio che mi sento di darvi è utilizzare il libretto del Capitano da Inverse World. Il Capitano si presta tranquillamente a essere giocato come il capitano di una nave spaziale, e potrebbe dare un tocco un po' piratesco che secondo me non stonerebbe affatto nell'universo di Mass Effect.

Peccato che Dungeon Planet sia solo in inglese. In passato ho consigliato giochi in inglese senza farmi alcun problema, ma questa volta è speciale e chi conosce i fatti saprà perché.
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il Canto del Cigno (lo trovate qui)
Ok, ammetto potrebbe sembrare un consiglio strambo, ma vi assicuro che non è campato in aria (e giuro che non lo consiglio perché nel manuale ci sono pure le mie illustrazioni). Il Canto del Cigno parla di un gruppo di eroi complessi e variopinti che svolgono missioni sempre più epiche, sino a scontrarsi con una gigantesca minaccia, che nel nostro caso può essere benissimo un'antica minaccia cosmica come i Razziatori o cose simili.

Ha un approccio fintamente "tradizionale", ma con i piedi ben piantati per terra ed estrema consapevolezza. Gestisce molto bene i conflitti sociali, in un modo che non stona per nulla con i nostri scopi, ma gestisce in modo cool anche gli scontri. C'è giusto da cambiare qualcosina dal lato creazione del personaggio per quanto riguarda le abilità, ma non credo ci siano problemi in merito.

L'unica nota dolente è che il gioco utilizza i tarocchi. Intendiamoci, funzionano benissimo, ma creano un atmosfera esoterico-misteriosa che si sposa male con i toni da space opera scientifica e piena di sense of wonder che interessano a noi.

Cosa ne pensate?

Chiudendo l'articolo, voi cosa ne pensate? Cosa dovrebbe avere un gioco su Mass Effect per essere davvero efficace? Quale gioco esistente, anche diverso da quelli proposti, usereste? Fatemelo sapere nei commenti.

giovedì 17 dicembre 2015

Una riflessione su setting e storie. Cosa conta di più?

Oggi parliamo di ambientazioni e tipologie di storia.
È un argomento che ultimamente mi sta molto a cuore, data la mia serie di articoli che si focalizzano su un'opera specifica e cercano di capire come giocare quel tipo di storie. 

L'ambientazione conta?

A detta di molti l'ambientazione è uno degli elementi più importanti di un gdr, se non addirittura il più importante. La maggior parte dei giochi classici avevano e hanno regole per simulare la parte materiale di queste ambientazioni: regole per sapere quanto danno fanno le pistole al plasma o quanto male fanno i gladii romani, quanto è resistente lo scudo di forza di un caccia stellare, quanto salta in alto un vampiro, dopo quanto tempo muori se ti morde uno zombie.

A un certo punto, negli anni '80 e '90, è sopraggiunta una vera e propria corsa all'ambientazione più cool e particolare. Come ho detto altrove, erano setting veramente carichi di cose: dei veri atlanti con tanto di geografia, storia, flora, fauna, usanze, tecnologie e così via. Inoltre, nacquero sistemi generici per giocare in qualsiasi ambientazione: Kenshiro, Doctor Who, Star Wars, Star Trek, Dune, e persino sistemi dedicati esclusivamente a una di queste ambientazioni famose (il riferirmi alle loro ambientazioni non è casuale).
Una mappa del Faerun dei Forgotten Realms, famosa ambientazione di D&D.
Insomma, si giocava in tantissime ambientazioni fighissime e bellissime, ma con giochi che erano bene o male evoluzioni differenti delle meccaniche di D&D. Questo portava, da una parte ad avere regolamenti corposi sul lato combattimento, che si somigliavano moltissimo l'uno con l'altro (cambiavano giusto i dadi tirati e la scala dei numeri usati) e che spesso e volentieri venivano comunque ignorati all'atto di giocare; dall'altra portava a giocare sempre o principalmente lo stesso tipo di storie: party che fanno quest.

Il gioco di ruolo era bene o male quello: molte regole simulative che descrivevano competenze dei personaggi e principalmente quanti danni reggevano, combattimenti con sottoregolamenti dedicati, liste di abilità e una gestione del party con il GM che assegnava le missioni da portare a termine.

Perché si è arrivati a questo unico approccio? Beh, per diversi motivi. Il primo è che il gdr stesso è
diventato, con il tempo, sinonimo di quel modo preciso di fare design, che non poteva essere messo in discussione e che portava ad avere giochi meccanicamente molto simili, capaci di differenziarsi dagli altri, a parte per il tipo di dado da tirare (e infatti i sistemi vengono catalogati in base al dado che tirano, come il d20, il d100, il d6), soprattutto grazie all'ambientazione. Sono le ambientazioni che differenziano un gioco da un altro, e sono le ambientazioni quello che alla fine i giocatori comprano (magari su più manuali d'espansione). 

Questa mentalità è rimasta ancora oggi quella più diffusa.

Il grosso ed enorme problema di questo approccio è che cambia lo scenario, ma non cambia mai ciò che vi si muove all'interno: le storie. Si hanno sempre storie di party che fanno quest, e se per setting originali la cosa può essere accettata, perché si tratta di opere nuove che quindi possono approcciare qualsiasi schema narrativo (in questo caso il "party che fa quest", obbligato dal design), quando si parla di giochi su licenza la cosa inizia a diventare strana.

Molti, proprio per via di questa mentalità, tendono a confondere il setting di un'opera con la tipologia di storie che racconta. 
Prendete un gioco famoso in Italia negli anni '80'-'90: Dylan Dog il gdr. Ora, era il gioco ufficiale, quindi chiunque si sarebbe aspettato un approccio molto simile a quello del fumetto. Dylan Dog ha in effetti una struttura narrativa identificabile ed è possibile capire come funziona un albo medio dell'indagatore dell'incubo. Il gdr di DyD però non riprende il tipo di storie di Dylan Dog, ma solo il suo setting (quale, poi?), e lo fa gestendo una mole considerevole di abilità, un sistema di combattimento e una serie di personaggi che, come volevasi dimostrare, tenderanno a lavorare in party e fare quest.

Intendiamoci: non tutti i gruppi di gioco sposano pienamente l'idea di fare solo storie di party che fanno quest, e infatti provano a giocare tipi di storie differenti. Il problema è che i giochi classici sono così (inconsciamente o meno) tarati per storie di party che fanno quest, che per fare altro bisogna combattere contro il gioco, spesso avanzando a naso e senza alcun tipo di supporto. Il GM dai superpoteri nasce anche e specialmente per queste evenienze, ed è per questo che si dice che basti un buon GM per giocare qualsiasi cosa con qualsiasi gioco. Serve qualcuno che aggiusti le cose al volo e spinga la dove le meccaniche proprio non riescono (o remano contro).

Le storie contano!

Ho imparato con il tempo che non sono i setting a contare veramente, ma il tipo di storie che vi si vive all'interno. Prendete Star Wars (si, la trilogia originale): perché funziona? Non è davvero merito delle astronavi o delle spade laser o dei fulminatori che permettono ad Han di sparare per primo. Non è davvero merito della sua ambientazione, per quanto abbia aiutato. Pensateci: è merito della sua storia. 
La storia alla base di Star Wars è semplice ma forte, e si basa su un plot lineare strutturato come il classico viaggio dell'eroe, su personaggi iconici (il giovane eroe, la principessa da salvare, il mago saggio, il cavaliere amico, ecc.), su magico misticismo e su molta azione coreografica. Una storia così avrebbe funzionato in quasi qualsiasi setting.

Certo, esistono le storie asservite alla loro ambientazione, ma non sono tante e non sono quasi mai le tipiche storie da "party che fa quest" di gdristica memoria.

Il fatto che questo tipo di storie (party che fa quest) sia l'unica (o quasi) tipologia di storia giocata nei gdr, lo si evince anche dal fatto che la maggior parte dei videogiochi che vogliono essere chiamati giochi di ruolo hanno questa struttura (Kotor, Mass Effect, Dragon Age, Barldur's Gate, Final Fantasy, ecc.), nonostante possano benissimo farne a meno. Questa tipologia di storie è diventata sinonimo di gdr. Non conta davvero il setting: per venire chiamati gdr videoludici si deve abbracciare il tipo di storie dei gdr. Ossia, party che fanno quest. 

Ma nel gdr tabletop è davvero obbligatoria questa struttura? È possibile giocare storie diverse? 

Certo che è possibile, ma tutto dipende da come si strutturano meccaniche e partita. Molti giochi post 2000 abbandonano lo schema classico che ha portato il gdr ad essere considerato storie di party che fanno quest, e si focalizzano su che tipo di storie giocare. Alcuni parlano di colpi del secolo che finiscono in tragicommedia, altri di amori che sbocciano, o di eroi competenti e proattivi che vivono storie drammatiche, o di adolescenti alle prese con il cambiamento e il diventare adulti, o altro ancora. 

Per ottenere certi tipi di storia è spesso necessario utilizzare meccaniche particolari (perché le meccaniche non sono solo quanto danno fai), e questo porta il gioco a differenziarsi dallo schema classico. C'è varietà. Infatti non tutte le storie funzionano allo stesso modo, ma è possibile capire quali elementi caratterizzano una storia e la differenziano da un'altra. Pensateci un po': alcuni generi hanno storie peculiari che sono facilmente riconoscibili dai loro elementi. Un noir è sempre un noir, sia che venga giocato in una metropoli fumosa anni '30, sia che venga giocato su una stazione spaziale orbitante attorno a Saturno o addirittura nel Faerun.
Per questo motivo i giochi focalizzati su una certa tipologia di storia possono adattarsi a molteplici setting, anche se a volte con un piccolo lavoro di ricolorazione. Prendete un gioco come Trollbabe: parla di eroi solitari super competenti, forti, senza una vera appartenenza e dai forti legami, che arrivano in situazioni tese e modificano lo status quo con le loro azioni. Il gioco è tarato un setting particolare: si giocano donne metà uomo e metà troll in un medioevo fantasy brutale e abbozzato. Il tipo di storia di Trollbabe può però adattarsi anche ad altri setting: ci posso giocare il Dottore di Doctor Who o Kenshiro o Mad Max o un cavaliere solitario che vagabonda per il far west, ecc. Tutti questi personaggi hanno storie che si adattano allo schema di Trollbabe. 

Perché non è tanto il setting a contare, ma il tipo di storie. Quando qualcuno mi chiede quale gioco utilizzare in una data ambientazione, io chiedo sempre: che tipo di storie vorresti giocare? A volte molti giocatori sono così abituati all'idea che conti soltanto l'ambientazione da rimanere spiazzati a questa domanda. Pensano che gli vada bene qualsiasi tipo di storia, ma danno per scontato che giocheranno a "party che fanno quest". A volte non lo ammettono, a volte capiscono che effettivamente si riferivano a quel tipo di storia la e altre volte ancora ci ragionano e iniziano a pensare a quale altra storia giocherebbero in quel setting. 

Proprio per questo le meccaniche più importanti, in un gdr, non sono quelle che ti dicono quanti danni fa un'arma o quanto sarà difficile saltare quel precipizio. Le meccaniche più importanti sono quelle che gestiscono e incanalano il flusso della narrazione. Le storie hanno bisogno di regole dedicate alla narrazione, non di regole per simulare un'ambientazione. Queste ultime possono esserci, ma non impatteranno più di tanto sul tipo di storia creata al tavolo. 

Questo vi fa anche capire come difficilmente possano esistere giochi generici: non tutte le storie hanno regole narrative simili, anzi, a volte le hanno così diverse da essere agli antipodi. Certo, possono esistere giochi adattabili a qualsiasi ambientazione, ma questo non li rende generici. Ricordate: conta il tipo di storie, non il setting. Come si fa a fare un gioco che possa permettere di giocare qualsiasi tipo di storia?

martedì 15 dicembre 2015

E se volessi giocare... Dylan Dog?

Alla faccia... sesto articolo.
Sesto inaspettato articolo di questa rubrica, dove analizzo una serie tv, un videogioco, un romanzo o un film per capirne la struttura narrativa, consiglio giochi esistenti per giocare la stessa tipologia di storie e suggerisco qualche idea per crearne uno da zero.

Gli articoli fino ad ora pubblicati li trovate qua

Come avrete intuito, oggi si parla di Dylan Dog, personaggio dei fumetti creato nel 1986 da Tiziano Sclavi e ancora oggi pubblicato dalla Sergio Bonelli. Si tratta di uno dei personaggi più amati, famosi e importanti del fumetto italiano, ed è difficile che qualcuno non ne abbia mai sentito parlare. Dylan è un ex poliziotto che si guadagna da vivere (o meglio, ci prova) facendo l'indagatore dell'incubo. Ha il volto di Rupert Everett, indossa sempre lo stesso completo, ha un misterioso quinto senso e mezzo e un aiutante identico a Groucho Marx che spara battute anche quando dorme. Nelle sue avventure affronta licantropi, vampiri, mostri della laguna, serial killer e l'orrore più grande di tutti: la natura umana.


Sull'onda del successo del fumetto, nel '91 la Bonelli concede la licenza alla DAS production per creare un gioco di ruolo. Il risultato è un grande pezzo di storia del gdr italiano: il gioco di ruolo di Dylan Dog. Purtroppo, il gioco ha dalla sua solo il nome, perché, oltre ad essere invecchiato male, non è mai stato davvero in grado di ricreare le tipiche storie Dylaniate. Com'è consuetudine per i giochi inseriti in questo spazio, non lo prenderemo in esame ai fini dei nostri scopi. Se siete comunque interessati, potrebbe essere un ottimo feticcio per la vostra collezione (se lo trovate da qualche rivenditore, ovvio).


Caratteristiche principali

Prima di gettarci nell'ideazione del GDR ideale, o nella scelta o modifica di uno potenzialmente indicato, è importante capire quali sono i punti salienti dell'opera che vogliamo giocare. Quindi, quali sono le caratteristiche principali di Dylan Dog?

Per avere un bel sottofondo musicale, cosa di meglio del trillo del diavolo di Tartini, pezzo che il nostro Dylan suona sempre con il clarinetto?


Dylan Dog: né eroe né antieroe. 
Non è un caso che il fumetto porti il nome del suo protagonista, perché senza di lui non avrebbe senso di esistere. Le storie della testata girano totalmente attorno a Dylan, anche se spesso ne è più uno spettatore d'eccezione che un protagonista attivo. Dylan è esattamente quel tipo di personaggio forte che migliora una storia con la sua sola presenza, e non potrebbe essere altrimenti, dato che Sclavi lo ha voluto con una personalità particolarissima e a tratti contraddittoria.

Dylan è pacifista, vegetariano, detesta la tecnologia (fino a pochi numeri fa non aveva un cellulare e scriveva con un calamaio), soffre di vertigini, di mal di mare, ascolta musica classica, teme l'aereo, veste sempre la stessa roba, esclama sempre "Giuda ballerino" e va in giro con un vecchio Maggiolone cabriolet. Inoltre non è un tipo che gioca a fare l'eroe. Non è addestrato nel combattimento, non ha capacità investigative da genio e non è un mago con la pistola, una Bodeo consunta che dimentica quasi sempre a casa. Cosa ancora più peculiare, Dylan è inizialmente scettico su ogni caso che gli viene presentato. Nonostante il lavoro che fa, non è per nulla un credulone e non accetta mai un caso a cuor leggero; forse è per questo che è sempre in rosso.

Dylan ha inoltre un paio di hobby, che ci vengono mostrati sempre in concomitanza di scene riflessive, dove il nostro pensa, studia, riflette e arriva a conclusioni importanti nei riguardi dei casi che segue. Mi riferisco ovviamente al galeone e al clarinetto.

È chiaro che un personaggio come Dylan non è uno di quegli eroi che risolvono i casi perché sono i migliori; li risolve perché ha una sensibilità superiore. Non mi riferisco a capacità extrasensoriali, anche se il nostro indagatore dell'incubo ammette di possedere una sorta di quinto senso e mezzo; parlo di una profonda empatia, che lo porta a sentire il mondo circostante, a comprenderlo e a soffrire con lui. Dimenticatevi eroi muscolari che risolvono tutto con la violenza, o geni che riescono a sbrogliare una matassa con la loro intelligenza superiore; Dylan spara e risolve enigmi, ma non è così che porta a termine i casi: lo fa perché, grazie alla sua empatia, acquista consapevolezza degli orrori che lo circondano. 

Amici eterni, eterni amori
Un attore, pur così ingombrante come Dylan, non funziona da solo: ha bisogno di brillanti comprimari. E il fumetto ne può vantare un paio di quelli davvero buoni. 

Il primo di questi è senza dubbio Groucho Marx. No, non l'originale baffone dei fratelli Marx, ma un sosia, di cui non sappiamo praticamente nulla, se non che parla per battute e freddure. Sopra le righe, mai serio, sempre pronto a infilarsi nelle mutandine della cliente di turno, il buon Groucho è il miglior amico di Dylan, suo assistente e domestico, che non esita a correggerlo in modi bruschi quando l'investigatore prende vie autodistruttive. Groucho è anche colui che lancia la pistola a Dylan quando questi ne ha bisogno. 

Il secondo personaggio è Bloch, vecchio ispettore di Scotland Yard sempre a due passi dalla pensione. Se Groucho svolge il ruolo di amico/assistente/fratello, Bloch veste i panni di padre/consigliere/protettore. Scettico sul paranormale, è solito aiutare Dylan con dritte sui casi. 

Ci sono anche altri personaggi ricorrenti (Madame Trelkovski, Wells, Xabaras, Cagliostro), ma solo Groucho e Bloch fanno parte del cast fisso, ed è raro che non appaiono (anche solo di passaggio) in un albo dylaniato. Ovviamente possiamo considerare come terzo personaggio fisso la donna di turno. Dylan ha fama di rubacuori ed è sempre invischiato in qualche relazione eterna che dura giusto il tempo dell'albo. Il suo amore di turno, oltre ad essere bellissima e giovane, ha sempre un qualche collegamento con il mistero della settimana. A volte è una cliente vittima, a volte è una comprimaria, a volte si scopre essere la carnefice.

Chi sono i veri mostri?
Dylan Dog è indubbiamente un fumetto horror, e per molti periodi della sua lunga storia editoriale ha avuto forti elementi splatter. Se ci fermassimo in superficie non noteremmo che questo, ma Dylan Dog ha molto di più.

Le sue storie trattano sempre tematiche importanti, spesso scottanti temi sociali come l'eutanasia, la tortura, la vivisezione, il lutto, l'essere diversi, e lo fanno senza mai scadere nella retorica o nel buonismo (tranne nel penultimo periodo di decadenza, si spera ormai acqua passata). Tra tutti, spiccano due temi, sempre ricorrenti. Il primo è senza dubbio il tema del mostro, con un gigantesco punto di domanda alla fine. Chi è il vero mostro? Quello che ci spaventa e ci fa paura solamente perché diverso da noi, o la persona di tutti i giorni nella sua banalità del male, fiero prodotto di questa società malata?

Si diceva che Dylan risolve i casi grazie alla sua sensibilità, e questo si ricollega alla figura del mostro. Quando il mostro non è il vero cattivo, ci vuole qualcuno che sia davvero empatico, che capisca la natura umana e abbia a cuore gli ultimi e i maltrattati (e infatti quasi mai Dylan uccide il mostro). Questa peculiarità di DyD è utile anche in vista del secondo tema: la psiche umana. C'è sempre un profondo senso di introspezione, e il mondo Dylaniato appare come un insieme di proiezioni psichiche personali scaturite da drammi personali. I problemi della psiche diventano cose concrete da combattere.

Storie episodiche segnate dal destino

Definire una struttura base non è semplice, ma di sicuro possiamo iniziare dicendo che tutte le storie di DyD sono episodiche e quasi mai ritroviamo collegamenti tra un albo e l'altro. Oltre a questo, è possibile distinguere tre grossi filoni: quello del mostro vero e proprio, quello degli uomini come mostri e quello onirico, bizzarro e misterioso.

Nel primo caso il mostro esiste ed è una creatura orribile, che però ha sempre dei motivi drammatici per fare quello che fa e quasi mai è davvero il mostro che sembra (ricordiamo che il primo numero di DyD ha gli zombie, ma il vero mostro è il loro creatore); il secondo caso parla spesso e volentieri di serial killer o di follie banali e quotidiane, e qui i mostri sono mascherati da persone comuni; l'ultimo caso è quello più intrigante ma anche difficile da catalogare, perché non ha uno schema riconoscibile se non tematiche al limite dell'assurdo e spesso condite di forte introspezione psicologica (penso per esempio a il Settimo Girone o a Golconda).

Si diceva anche che Dylan non è un eroe così proattivo come sembra. Non è raro vederlo come spettatore delle sue storie, catapultato suo malgrado in situazioni più grandi di lui che si risolvono con un susseguirsi di eventi casuali e inaspettati, più che per il suo contributo attivo.

Infine, nelle storie di DyD non mancano mai i sentimenti, quelli intensi e forti che solo i grandi drammi riescono a generare. Non si rimane mai impassibili davanti alle miserie umane raccontate nelle pagine di questo fumetto, e ne è un esempio una delle storie più amate di sempre: Johnny Freak.

Cosa dovrebbe avere un gioco ideato da zero

Molto difficile ideare un gdr sull'indagatore dell'incubo. Ci sono un paio di difficoltà peculiari che rendono il lavoro davvero ostico.
Prima di tutto, dobbiamo dimenticarci la creazione di un party di investigatori. Dylan Dog, come abbiamo detto, ha un unico protagonista forte ed è quindi sull'utilizzo di Dylan che dobbiamo battere. Al massimo, possiamo ovviare un poco alla cosa permettendo l'utilizzo di Groucho, Bloch e la fidanzata di turno, che però avrebbero un ruolo meno forte.
In secondo luogo, ci serve una gestione delle scene e dei misteri dove Dylan non abbia un ruolo così proattivo come richiesto da molti altri giochi. 



Per prima cosa, se vogliamo permettere un solo personaggio principale, ossia Dylan, io vedrei meglio un gioco senza la classica figura del GM, in modo da spalmare le autorità narrativa tra i vari giocatori. Avremmo dunque un giocatore che utilizza soltanto Dylan e ha autorità su di lui. Gli altri giocatori potrebbero gestire il mistero dividendosi i compiti: qualcuno gestirebbe gli alleati dell'investigatore e gli elementi esterni positivi e neutri, qualcun altro i "mostri" (che potremmo intendere in senso molto lato come coloro che causano il mistero) e tutti gli elementi negativi. Si, avete capito bene, un gioco per tre.

La creazione del mistero potrebbe avvenire in maniera casuale. A me piace molto l'idea che ogni giocatore scriva su un foglio delle brevi frasi o delle parole rispondendo a delle domande precompilate. Tipo: cos'è successo di brutto? chi sembra essere il colpevole? quale causa sociale o psicologica ha portato a tutto questo? Sono domande buttate li, eh, ma potrebbero dare l'idea.

Questi bigliettini, mischiati e nascosti, andrebbero pescati a caso a ogni momento saliente del gioco, che probabilmente verrebbe regolamentato in base al numero di scene giocate.

In una scena ognuno giocherebbe per spingere verso una risoluzione personale, e quindi un conflitto. Ma le scene dell'investigatore a volte non hanno conflitti così palesi, quindi, oltre a non prevedere una posta chiara, i giocatori potrebbero poter inserire dei plot twist semplicemente tirando, magari arrivando al tiro spendendo punti o attivando qualche meccanica, per smuovere le acque. In un tiro, ogni giocatore tirerebbe un certo ammontare di dadi o diverse tipologie degli stessi, magari in base a cosa ha giocato nella scena. Chi vince il tiro inserisce un nuovo elemento risolutivo del conflitto.

Non sarebbe male avere regole per gestire il comportamento dei personaggi e dei mostri, magari una
serie di tratti o cose simili, in modo da aiutare i giocatori ad utilizzare i vari personaggi in maniera affine a quelli del fumetto.

A questo punto, di scena in scena, si arriverebbe sempre più vicini alla fine della storia. I personaggi secondari, ossia quelli che vivranno solo nella singola avventura (ossia nel singolo albo) dovranno arrivare a una loro conclusione e cambiare, magari trovando la pace. Dylan, ovviamente, riuscirà a risolvere il caso o almeno a porvi la parola fine. Anche questo si potrebbe risolvere con un tiro di dadi, magari con una serie di dadi accumulati di scena in scena in base a come queste si sono risolte.

Chiaramente, in tutto questo eviterei di gestire cose come punti ferita, danni delle armi e simili. Non ne abbiamo bisogno, a meno che nella vostra testa non abbiate un'idea per un gioco di Dylan Dog che esuli dai miei consigli. Se l'avete, fatemi sapere.

C'è bisogno di un gioco nato apposta per vivere avventure alla Dylan Dog!

Quali giochi usare o adattare

Siamo troppo pigri o non abbiamo il tempo per costruirci un gioco tutto da zero? Niente paura, di seguito vi propongo qualche titolo abbastanza azzeccato, che potrete usare al naturale o dopo una serie di modifiche.

Ci tengo a precisare che scegliere dei titoli per oggi è stato un lavoraccio, tanto che temevo di non trovarne nemmeno uno. Dylan Dog è un fumetto particolare, e in giro non c'è niente che si presti per davvero alle sue storie tipiche, solo giochi che necessitano di un po' di lavoro per essere adattati. I giochi seguenti sono dunque il meno peggio, non il meglio, per giocare DyD. Qualcuno vuole decidersi a creare qualcosa di tematico?


Sporchi segreti (lo trovate qui)
Si tratta di un gioco noir, dove un singolo investigatore dovrà indagare su un caso difficile, addentrandosi negli sporchi segreti di una città che non dorme mai.

Detto così non è propriamente il top per i nostri scopi, ma gestisce un caso investigativo focalizzandosi sui personaggi e sul retroterra oscuro e misterioso, più che sull'enigma vero e proprio. Inoltre ha un unico protagonista principale, un investigatore, che nel nostro caso sarebbe sempre Dylan Dog, i cui casi sarebbero sempre storie brevi.

Purtroppo sporchi segreti non si presta totalmente, quindi dovremmo modificarlo un poco. Per primissima cosa dovremmo agire sulla creazione dei crimini, che nel nostro caso servono belli soprannaturali. Inoltre dovremmo abbandonare il discorso delle etnie e rimpiazzarlo con altro, magari qualcosa sul passato o sull'accettazione sociale.
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Fate Accelerato (lo trovate qui)
Inizialmente non volevo consigliarlo, ma qualcuno mi ha fatto notare che grosse alternative non ce ne sono. Sappiate quindi che non è propriamente il gioco più adatto, probabilmente non starebbe nemmeno in una top 50, ma ci prendiamo quello che offre il convento.

Dylan è sicuramente un eroe drammatico, anche discretamente competente, ma di sicuro non è così proattivo da sposarsi al 100% con le premesse del Fate. A parte questo, approntare una scheda di Dylan, Groucho (che vedo molto difficile da utilizzare, forse funzionerebbe meglio come aspetto di Dylan e png) e Bloch, e magari di una eventuale cliente o fidanzata, non dovrebbe essere difficile e si potrebbe provare a giocare una breve avventura.

Se davvero avete intenzione di utilizzare il FAE, allora gestite le avventure come singole sessioni, o al massimo un'avventura da due sessioni, con un singolo problema, che sarà ovviamente il problema del caso. I personaggi non muterebbero affatto da un'avventura all'altra, solo l'eventuale fidanzata di turno, che durerebbe un solo albo. Evitate anche di utilizzare i conflitti, gestite tutto con le competizioni.

Non sarebbe nemmeno una cattiva idea modificare gli approcci dei personaggi. Che ne dite di Empatico, Fortunato, Magnetico, Diligente, Maledetto e Folle?
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Esoterroristi (lo trovate qui)
Forse è ancora meno adatto del Fate, ma con un po' di lavoro potrebbe funzionare. Certamente, anche qui dovremmo gestire in maniera sapiente i personaggi: Dylan non può mancare, e gli altri giocatori potrebbero utilizzare Groucho, Bloch e l'eventuale ragazza di episodio. Le abilità investigative vanno abbastanza bene, a parte che Dylan ne abbisogna due nuove: quinto senso e mezzo e (s)fortuna sfacciata.

Ovviamente il sistema di ferite dei personaggi va totalmente rivisto. Nessuno di loro, a parte la bella di turno, può davvero morire.

Per il resto dovrebbe andare bene, anche se la struttura complessa delle scene, tipica del sistema Gumshoe, tutto incentrato sugli enigmi e i misteri, potrebbe un po' forzare la classica fiction alla Dylan Dog. Come ho detto, non è un gioco indicatissimo, ma ci accontentiamo di quel che abbiamo.

Cosa ne pensate?

Chiudendo l'articolo, voi cosa ne pensate? Cosa dovrebbe avere un gioco su Dylan Dog per essere davvero efficace? Quale gioco esistente, anche diverso da quelli proposti, usereste? Fatemelo sapere nei commenti.
 


martedì 8 dicembre 2015

E se volessi giocare... il Ciclo della Fondazione?

Arieccoci.
È il quinto articolo di questa rubrica, dove analizzo una serie tv, un videogioco, un romanzo o un film per capirne la struttura narrativa, consiglio giochi esistenti per giocare la stessa tipologia di storie e suggerisco qualche idea per crearne uno da zero.


Oggi si parla di una delle più belle saghe di fantascienza mai scritte, o almeno, la mia preferita in assoluto (assieme a Dune), ossia il Ciclo della Fondazione. Si tratta di un gruppo di sette romanzi, scritti da Isaac Asimov a partire dal 1951 sino al 1986, dove si narra di una scienza, la psicostoria, creata dal grande scienziato Hari Seldon e in grado di prevedere l'evoluzione della specie umana tramite complesse formule matematiche. Utilizzando la psicostoria, Seldon predice la rovinosa caduta dell'Impero galattico, istituzione che da decine di millenni governa su quasi tutti i mondi conosciuti della galassia. La caduta dell'Impero sarà lenta ma inesorabile e getterà la galassia in una barbarie lunga trentamila anni. Seldon non può evitare la caduta dell'Impero, ma può limitare il periodo oscuro che ne seguirà a soli mille anni, dopo i quali risorgerà un nuovo governo galattico. Per farlo, sullo sperduto pianeta Terminus crea la Fondazione, un'organizzazione enciclopedica con lo scopo di preservare la conoscenza in un universo che cadrà nell'ignoranza. Ovviamente, i veri piani di Seldon sono ben altri... 
Il saggio Hari Seldon appare nella volta del tempo
Solitamente questo appena sotto la presentazione è l'angolo nostalgia, dove parlo brevemente di giochi ormai vecchi e quindi scartabili ai nostri fini, o di giochi che per qualche motivo si avvicinano a ciò di cui parliamo ma non vanno bene. Sulla Fondazione non ho davvero trovato nulla di tematico da inserire in questo spazio. 

Caratteristiche principali

Prima di gettarci nell'ideazione del GDR ideale, o nella scelta o modifica di uno potenzialmente indicato, è importante capire quali sono i punti salienti dell'opera che vogliamo giocare. Quindi, quali sono le caratteristiche principali del Ciclo della Fondazione?

Prima di far partire la disamina, ci tengo a far notare che questa è ad ora l'opera più "particolare" che io abbia trattato in questa rubrica. Perché? Beh, ma perché si discosta così tanto dal solito approccio del gdr tradizionale che probabilmente a (quasi) nessuno sarà mai venuto in mente di giocarci qualcosa di tematico. O meglio, forse qualcuno ci avrà giocato, ma nel solito modo tipico che tutti conosciamo, ossia un party che fa quest nell'ambientazione della Fondazione. Come vedrete, l'opera originale è tutto un altro pianeta, o meglio, galassia. 

Mutamenti sociali tra imperi che cadono e scienze impossibili
Quella alla Asimov non è una fantascienza avventurosa o piena di lucine (e ve lo dico da fanatico di Guerre Stellari), ma una fantascienza colta che si focalizza sugli aspetti più profondi della scienza e della sociologia. Tutti i romanzi sci-fi di Asimov (a parte qualcuno), tra cui il Ciclo dei Robot e specialmente quello della Fondazione (che poi si fonderanno, come saprà chi li ha letti entrambi), esplorano le ripercussioni che particolari vicende e scoperte avranno sulla società umana.

È un tipo di narrativa fatto di deduzioni logiche e dialoghi, tutte trovate atte a mettere sotto i riflettori l'uomo, la società e la scienza. Chiaramente non mancano dramma ed enigmi, ma di sicuro uno dei massimi interessi di Asimov è capire come reagiscono i sistemi umani a grandi mutamenti scientifici e sociali. E così abbiamo un'ipotetica civiltà galattica, unicamente umana (non esistono alieni nella galassia Asimoviana), che sta affrontando la caduta del primo e grande Impero galattico. Cosa succederà? Come si evolveranno o involveranno istituzioni, pianeti, tecnologia? E soprattutto, cosa accadrà se all'equazione aggiungiamo la psicostoria, scienza in grado di predire il divenire di enormi masse? E poi rincariamo la dose con nuove istituzioni religiose, guerre di vicinato, poteri psichici, mondi viventi? Insomma, come reagirà l'umanità a queste nuove singolarità tecnologiche e sociali?

Tutte le trovate fantascientifiche di Asimov non sono solamente affascinanti colpi di scena, ma anche e specialmente nuove domande, le cui risposte generano storie intriganti e di per se molto credibili. Ma certamente, questa narrativa ha bisogno di occhi che osservino per noi i mutamenti dell'umanità, e questi occhi sono singoli protagonisti chiamati a guidare o capire gli eventi, che noi seguiamo durante enormi crisi e momenti cruciali della storia galattica.
Trantor, intero mondo città e capitale dell'Impero galattico. Lucas si è ispirato a questo pianeta quando ha creato Coruscant.
Crisi di Seldon e storie generazionali
La trilogia della fondazione (Fondazione, Fondazione e Impero, Seconda Fondazione), non è composta da tre romanzi, ma da svariati racconti (editi in seguito in tre romanzi), che compongono una lunga e tortuosa storia generazionale. Si parte dalla creazione della Fondazione da parte di un vecchio Hari Seldon, passando per il primo sindaco della Fondazione e i sindaci mercanti, sino ad arrivare a secoli nel futuro, dove una Fondazione più potente si trova ad affrontare nuovi e inaspettati avversari. 

Ogni racconto ha difatti un protagonista esclusivo (solo in due casi alcuni racconti mantengono gli stessi personaggi, e solo in un caso lo stesso protagonista, Hardin) è un problema tutto nuovo da affrontare. La natura episodica, oltre dai grandi lassi di tempo che intercorrono tra un episodio e l'altro, è data magistralmente dal variare di questi problemi, che vengono chiamati crisi di Seldon. Grazie alla psicostoria Seldon ha tracciato una imponente mappa della storia futura, e questa mappa gira attorno a dei nodi chiamati "crisi", ossia momenti della storia in cui cause di vario genere (guerre, crisi politiche, crisi religiose, ecc.) operano per mettere a soqquadro il progetto della Fondazione. 

Ogni racconto vede i protagonisti agire per arginare e risolvere queste crisi, e dato che nessun'abitante conosce il piano Seldon e quindi la natura della crisi e il modo per scongiurarla, questi dovranno usare ogni briciolo del loro ingegno, e spesso la fortuna, per capire cosa sta accadendo e trovare un modo per porvi rimedio. 

Lo schema quindi è il seguente: si presenta la nuova realtà storica della Fondazione e il nuovo o i nuovi protagonisti, che si trovano quasi sempre in una posizione di potere o di azione attiva; si scatenano forze storiche che causano problemi alla società tutta e pongono la Fondazione in serio e mortale pericolo; all'inizio le cose sembrano andare male e il protagonista sembra non sapere dove andare a parare; con un colpo di scena finale si presenta la risoluzione della crisi (o una sua complicazione, in alcuni casi). 
Magnifico, una delle figure più affascinanti di tutto il ciclo (spoiler annessi e connessi)
La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci
Uno dei personaggi più affascinanti della saga, ossia Salvor Hardin, ha un motto: "la violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci". Questo è anche il motto di tutto il ciclo. Nessuna crisi è mai risolta con le armi, e di sicuro nessuno dei protagonisti viene mai inquadrato mentre spara o usa la forza.

La risoluzione dei problemi avviene sempre attraverso vie traverse: trattati di pace, imposizione di strambe religioni, epici trucchi alla Sherlock Holmes, fortuna sfacciata e piani contorti ma in qualche modo funzionali. Asimov vede i problemi come complessi puzzle da risolvere con logica e raziocinio, e così li affrontano i suoi personaggi. È sempre un'escalation di trovate geniali e di colpi di scena potenti, intervellati da scene fatte di lunghi dialoghi (dove i conflitti non mancano) e svelati sempre all'ultimo momento, quello giusto per spiazzare i lettori.

Quando i protagonisti hanno un piano o dei sospetti, non li svelano mai se non al loro compimento o messa in atto. C'è sempre uno svelamento a ritroso, e questo aiuta tantissimo a ottenere un certo shock in chi legge. Asimov crea sempre scene con una forte escalation drammatica, dove tutto sembra perduto ma il protagonista tira fuori dalla manica la soluzione ai problemi. C'è comunque un forte feeling, nella saga, che ci fa percepire queste risoluzioni come un intricato susseguirsi di cause socio-economiche e scientifiche, e non tanto come puro merito del singolo. 


Preludio e Fondazione e Terra
Funzionano in maniera un poco differente gli ultimi quattro romanzi del ciclo, che si pongono come principio (Preludio alla Fondazione e Fondazione Anno Zero) e conclusione della saga (l'Orlo della Fondazione e Fondazione e Terra). In questi abbiamo dei protagonisti fissi (Seldon nei primi due; Golan, Pelorat e Bliss negli ultimi) e dei collegamenti fondamentali (a volte un poco posticci, va detto) con altre saghe asimoviane, come quella altrettanto splendida dei robot. Ogni libro vede i protagonisti agire per l'ottenimento di un obiettivo ben preciso: formulare le leggi base della psicostoria, trovare la mitica Seconda Fondazione, trovare l'ormai perduta Terra per capire la falla nel piano Seldon e nella psicostoria. 

Prima di ottenere l'obiettivo, sia Seldon che Golan & co. dovranno viaggiare a lungo. Ogni tappa del viaggio fornisce loro nuove informazioni sul passato della galassia, nonché degli indizi che, all'inizio solo inconsciamente, li porteranno sempre più vicini al loro obiettivo. Anche qui i problemi vengono trattati come puzzle da risolvere, la cui soluzione verrà trovata alla fine con un bel colpo di scena, e anche qui c'è un'appassionata disamina dello sviluppo della civilità (o della caduta di quelle passate). 
Se avete letto Fondazione e Terra questa scena non vi sarà nuova. Per tutti gli altri: spoiler.


Cosa dovrebbe avere un gioco ideato da zero

Dimentichiamoci party, mostri, tiri per colpire e cose simili, perché per creare un gioco che permetta storie come quelle della trilogia della Fondazione (si, parleremo più che altro della trilogia) dobbiamo solcare strade completamente diverse. 

Per primissima cosa, direi che per raccontare una storia simile non abbiamo bisogno di un GM, quindi suggerisco fortemente un approccio GMless. Un GMless permetterebbe infatti di focalizzarsi meglio su pochi personaggi protagonisti e renderebbe lo sviluppo della storia e l'esplorazione della società futura un lavoro molto più corale. 

Inoltre, in una struttura simile, potremmo pensare di dividere i ruoli tra i giocatori. Uno di questi potrebbe giocare il singolo protagonista, un'altro ancora la Crisi, ossia ciò che destabilizza la Fondazione, e un terzo giocatore l'Equilibrio, ossia quelle forze e personaggi che agiscono per mantenere lo status quo della Fondazione, nonché tutti i personaggi alleati del protagonista. Questa divisione non è obbligatoria, anzi. Si potrebbe pensare a qualcosa di meglio o a una divisione totalmente differente; anche se mi affascina la suddivisione dei compiti.


Sicuramente opterei per una gestione del flusso narrativo in scene. Ogni scena potrebbe avere un obiettivo da raggiungere che, se raggiunto, doni dei punti particolari per portare il protagonista sempre più vicino alla risoluzione. Questi punti potrebbero essere elementi sociali o scientifici che, piano piano, ogni volta che se ne accumulano un po', iniziano a formare un puzzle.  

Prima di pensare a come gestire i personaggi, però, dobbiamo capire che il vero protagonista in un gioco simile sarebbe la società stessa, quindi la Fondazione. Dobbiamo gestirla come fosse un personaggio, con statistiche, caratteristiche o tratti suoi propri. Ovviamente non è un approccio unico e obbligatorio, ma a mio parere renderebbe benissimo nel tipo di storia che vogliamo creare.

Potremmo trovare delle caratteristiche chiave particolarmente importanti nel tipo di storia alla Asimov, qualcosa come problemi interni, problemi esterni, unità politico/sociale e cose simili. Ma a ben vedere sarebbe meglio mantenersi semplici: Debolezze e Punti di forza, in relazione al resto della galassia e in relazione all'interno della fondazione, potrebbero essere interessanti e funzionare come una serie di tratti. Per esempio, debolezza: "vicinato ostile e militarmente superiore". Questi tratti potrebbero avere un punteggio numerico variabile o fisso, e entrare di peso nei conflitti.

Per quanto riguarda i personaggi umani, solo il protagonista verrebbe approfondito un pochino. Basterebbero un nome, il ruolo nella società e al massimo la personalità. Gli altri personaggi sarebbero molto più abbozzati.

Per quanto riguarda i conflitti, li vedo molto bene come conflitti risolutivi di un'intera scena, la cui posta sarebbe appunto l'ottenimento dell'obiettivo di scena. In base al risultato si accumulerebbero punti (come si diceva prima) magari da distribuire tra i tratti della Fondazione a fine scenario. Questi punti potrebbero essere legati a degli aspetti: in caso di fallimento acuirebbero la Crisi (con la scoperta di nuovi problemi), con un successo darebbe nuovi elementi positivi. Si andrebbe così a formare un puzzle che, una volta concluso, darebbe al protagonista la risoluzione del problema. Gli elementi negativi potrebbero comportare dei costi aggiuntivi per la Fondazione che andrebbero pagati per avere la risoluzione della crisi e chiudere così lo scenario.

Parlo di scenari perché, ovviamente, dobbiamo gestire le partite come scenari. Ogni scenario avrebbe una Crisi di Seldon, magari segreta, che viene svelata passo passo. Una volta scongiurata la crisi, lo scenario terminerebbe e si modificherebbero di rimando i tratti della Fondazione: i nemici esterni potrebbero diventare alleati o scomparire; i dissidi interni potrebbero trasformarsi in punti di forza. Tutto dovrebbe dare la sensazione di progressivi mutamenti sociali, economici e scientifici.

Niente, poi, ci vieta di far generare gli scenari in maniera casuale come se si seguisse il tracciato del piano Seldon. Questo ci permetterebbe di inserire degli imprevisti, come il Mulo, che la psicostoria non avrebbe mai potuto prevedere.

Quali giochi usare o adattare

Siamo troppo pigri o non abbiamo il tempo per costruirci un gioco tutto da zero? Niente paura, di seguito vi propongo qualche titolo abbastanza azzeccato, che potrete usare al naturale o dopo una serie di modifiche.

Microscope (lo trovate qui)
Gioco singolare e spettacolare, Microscope. Tutti quanti al tavolo propongono idee e creano in maniera frattale la storia di un mondo fantastico, delineandone i periodi, i sotto periodi, gli attori principali e giocandone delle scene particolarmente interessanti (la cui risoluzione sarà sempre incerta sino all'ultimo, dando vita a sviluppi inaspettati).

Sembra abbastanza adeguato per giocare cose come la Fondazione, perché permette di dare vita a lunghissime storie generazionali con i loro problemi, momenti bui e periodi di crescita e benessere. L'unico difetto di Microscope è che può non sembrare pienamente un gioco di ruolo, ma è un difetto veniale perché il gioco merita tantissimo ed è abbastanza adeguato ai nostri scopi.
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Se non fosse che ormai è abitudine di questa rubrica consigliare più giochi, avrei parlato solo di Shock. Si, perché senza girarci intorno Shock è perfetto. Parte dal presupposto di esplorare una società umana futura alle prese con uno shock, tecnologico e sociale, che la modifica alla base (e non per niente il gioco ha come sottotitolo: social science fiction). È un gioco senza master nato per giocate veloci, ma si può anche giocare una serie episodica di shock diversi. 

Tra le varie fonti di ispirazione, la Fondazione di Asimov è una delle più importanti e cruciali. E infatti nel manuale c'è scritto come giocare esattamente gli shock della Fondazione, nonché un sistema per collegare più shock assieme e ricreare una storia molto simile a quella dei libri. Mica male eh? 
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Deus Opera (lo trovate qui)
Ok, questo va aggiustato un po', ma potrebbe funzionare. Deus Opera parla di storie di eroi, dove, attraverso gli occhi di un unico protagonista e vari co-protagonisti, tutti i giocatori vestono i panni di divinità e giocano con il destino degli uomini.

Come dicevo, va aggiustato un poco, anche se la sua meccanica si sposa abbastanza bene con storie alla Fondazione. L'unico aggiustamento sarebbe sostituire le divinità, che in definitiva rappresentano dei temi e dei concetti, con cose come Sviluppo, Guerra, Misteri, e così via. Di sicuro ne uscirebbe fuori qualcosa di un poco più epicheggiante, ma anche qui la cosa può essere aggiustata lavorando leggermente sul sistema di avanzamento della storia.
Di sicuro, Fondazione a parte, è un gioco che merita.
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Downfall (lo trovate qui)
Quest'ultimo suggerimento è un po' fuori tema. Con Downfall non ci si può giocare la Fondazione, ma mi interessa consigliarlo comunque per giocare un altro tipo di storia, che è comunque attinente al Ciclo Asimoviano: Downfall è perfetto per giocare la caduta dell'Impero galattico.  

Si tratta di un gdr per 3 persone dove, dopo aver creato un mondo ricco e dominato da dei difetti (cose che la società considera buone e giuste, come il razzismo o il perfezionismo), si gioca la sua tragica, bella e rovinosa caduta attraverso personaggi che tenteranno di tutto per impedirne la fine, ma falliranno. Per giocare l'Impero galattico bisogna ovviamente rimaneggiare parte della preparazione del gioco, ma non dovrebbe essere un grosso problema di per se.

Cosa ne pensate?

Chiudendo l'articolo, voi cosa ne pensate? Cosa dovrebbe avere un gioco sul Ciclo della Fondazione per essere davvero efficace? Quale gioco esistente, anche diverso da quelli proposti, usereste? Fatemelo sapere nei commenti.
Isaac Asimov mentre creava i suoi mondi futuri