mercoledì 27 gennaio 2016

E se volessi giocare... il Ciclo di Dune?

Oggi cifra tonda.
Questo è il decimo "episodio" di questa rubrica, dove analizzo una serie tv, un videogioco, un romanzo o un film per capirne la struttura narrativa, consiglio giochi esistenti per giocare la stessa tipologia di storie e suggerisco qualche idea per crearne uno da zero.

Gli articoli fino ad ora pubblicati li trovate qua

Ci tengo a precisare che questo tema lo avete scelto voi in seguito a un sondaggio, dove il Trono di Spade ha ottenuto una sconfitta cocentissima (ne parlerò comunque tra quattro settimane).

Ma veniamo a noi.
Quando parlai del Ciclo della Fondazione scrissi che era una delle mie saghe "fantascienze" preferite assieme a quella di Dune. Bene, è venuto il momento di parlare di Dune, mitica saga letteraria scritta da Frank Herbert a partire dal 1965 ed entrata di peso nell'olimpo della fantascienza. A differenza della fantascienza positivista degli anni '50, l'opera di Herbert inserisce pesanti elementi mistico-religiosi e una profonda riflessione ecologica. Siamo su Arrakis, meglio conosciuto come Dune, pianeta periferico completamente ricoperto dalle sabbie. Arrakis è il pianeta più importante della galassia: è qui che viene estratta la spezia, l'unico mezzo che permette alla gilda di colmare le distanze tra le stelle. Ma è anche il più pericoloso: tra le sabbie si nascondono i vermi, giganteschi mostri lunghi persino chilometri, e i fremen, popolazione umana locale dura quanto il deserto stesso. In questo scenario scoppia una faida tra casate nobiliari: gli Atreides e gli Harkonnen, e vede la luce la speranza di un messia, lo Kwisatz Haderach, capace di guidare la galassia verso una nuova era.
Un verme delle sabbie e una fremen: due elementi fondamentali della saga.
Questo è l'angolo heartbreaker (o solitamente lo è), e quindi dobbiamo parlare di un gioco tematico ma per qualche motivo scartabile, e in effetti esiste un gioco ufficiale ambientato nel setting di Dune. Mi riferisco a Dune: Chronicles of the Imperium, pubblicato dalla Last Unicorn Games nel 2000. Il gioco utilizza un d20 system molto simile a quello della terza edizione di D&D, quindi con focalizzazione estrema sul combattimento e sul min/maxing. A mio avviso si allontana molto dal tipo di storie alla Dune, ma il manuale è davvero una miniera di spunti. Giusto per citarlo, vi ricordo anche Fading Suns (scartabile per lo stesso motivo di prima). 

Caratteristiche principali

Prima di gettarci nell'ideazione del GDR ideale, o nella scelta o modifica di uno potenzialmente indicato, è importante capire quali sono i punti salienti delle opere che vogliamo giocare. Quindi, quali sono le caratteristiche principali del Ciclo di Dune?

Prima di iniziare, ecco la consueta traccia musicale (tratta dal film di Lynch):

Complotti, faide e segreti
Il ciclo di Dune non è una saga avventurosa, non c'è la cerca mitica o la missione da portare a termine (come avviene invece in Star Wars, saga science fantasy molto ispirata a Dune). Ci sono invece personaggi con i loro obiettivi personali, e questi obiettivi girano attorno a una o più posizioni di potere o delicati interessi economici, oltre ovviamente a faide familiari o ideali mistico/religiosi. L'avventura qui è sostituita da trame segrete e complotti, dei quali veniamo a conoscenza praticamente da subito (i segreti sono tali per i personaggi, mai per i lettori). Herbert non gioca a inserire misteri e a tenere i lettori sulle spine, tutt'altro, ama creare situazioni tese, mettere in gioco tutte le pedine e poi vedere come queste si muovono e lo scenario si modifica.

Che i romanzi abbiano sempre trame incentrate sui complotti è abbastanza palese, e questo appare chiaro anche solo leggendo i primi tre romanzi del ciclo (e vi assicuro che questo elemento permane anche negli ultimi tre). In questo contesto si creano spesso alleanze fragili e si delineano due o più fazioni, che vogliono ottenere importanti benefici personali o eliminare qualche figura scomoda o ritenuta pericolosa. Il risultato è sempre tragico e drammatico.

Chiaramente, i legami tra i personaggi sono importanti e sono sempre molto forti, e infatti tutti i personaggi importanti sono sempre legati tra loro in qualche modo. Ci sono i migliori amici, i maestri, i genitori, i fratelli, gli amori, gli eredi designati, i nemici giurati. Questi legami giocano un ruolo importante e spesso sono il motivo per cui molti personaggi agiscono in una determinata maniera piuttosto che un'altra.

Tanti personaggi importanti e potenti
Nonostante sia possibile riconoscere un paio di personaggi più importanti e centrali di altri, attorno ai quali gira il grosso della trama dei romanzi (penso ad esempio a Paul prima e Leto dopo), e nonostante la famiglia Atreides sia quella con più spazio nell'economia della storia, Herbert si focalizza su tanti personaggi diversi, e per ognuno scrive capitoli dedicati. Ogni personaggio ha scene personali dov'è il protagonista (impostate con un framing aggressivo), e dove le sue azioni contano in maniera particolare. Questi personaggi cambiano ovviamente da romanzo a romanzo, ma non di meno sono centrali.

Ognuno di questi personaggi porta avanti un'agenda personale, a volte con obiettivi segreti, e nonostante ci possano essere alleanze più o meno forti, scordatevi un gruppo unito che segue missioni. Come ho già detto, ogni personaggio ha sempre delle scene dedicate a lui, dove spesso agisce da solo. Perseguendo i suoi obiettivi, stringendo alleanze, agendo in maniera segreta o non, smuoverà le acque e porterà avanti la storia in maniera attiva, anche se questo può non sembrare ad un'occhiata poco attenta. Proprio per questo non esiste una netta distinzione tra bene e male: molti personaggi sono moralmente ambigui o addirittura troppo inumani per concepire una morale classica (per esempio, l'imperatore dio Leto è buono o cattivo?). Non ci sono obiettivi buono o cattivi: solo obiettivi. 

Un'ultima cosa che mi sento di dire sui personaggi principali è che questi non sono mai dei signor nessuno. Sono sempre persone di alto livello: generali, baroni, comandanti di eserciti, principesse, imperatori, governatori. Sono al centro di complotti, al comando di qualche fazione importante e, in linea di massima, hanno sempre posizioni di potere o sono così vicini al potere da poterlo manipolare in qualche modo. Oltre a questo, sono anche personaggi estremamente competenti: se sono spadaccini sono tra i migliori; se sono Fremen, sono tra i più importanti e addestrati; se sono Bene Gesserit sono tra quelle con più possibilità, ecc.

Misticismo, religione, profezie e messia
Uno degli elementi più importanti di Dune è la sua aura mistica, con fortissimi riferimenti alle tre religioni monoteistiche, specialmente quella musulmana. Ogni elemento importante è sempre avvolto da un certo fascino misterico, iniziatico, e ogni azione sembra sempre celare qualche motivazione più alta. Persino le astronavi riescono a imbrogliare le grandi distanze stellari grazie a una misteriosa e poco definita forza mentale, che i piloti della gilda hanno ottenuto grazie alla spezia. 

Al di là dei significati metaforici, a noi interessa tutto quello che possiamo inserire in una giocata. Per prima cosa, esistono le profezie e sono sempre centrali, perché in qualche modo si avverano sempre, ed esistono i prescelti. Ne è un esempio importante Paul, figura messianica al centro di gran parte della trama della saga. E ovviamente esistono anche poteri mistici, soprannaturali, come le capacità delle Bene Gesserit o la prescienza. Quest'ultima sonda il futuro e permette ai protagonisti (e ai lettori) di avere scorci di quello che dovrà succedere, e che ovviamente potranno modificare con le loro azioni. Il corso degli eventi non è quasi mai celato: il bello è capire come modificarlo o vedere come tutti i pezzi dei puzzle andranno al loro posto.

La religione è quindi una forza tanto sociale quanto effettivamente mistica e reale, ma senza dei o divinità ultraterrene, che qui non esistono. Sono gli uomini che plasmano il loro futuro, anche se faticosamente. La forza mentale e la forza di volontà aiutano i protagonisti a controllare, non solo il loro corpo, ma anche l'universo stesso, che opera attraverso la forza del caos più che attraverso una vera e propria provvidenza. L'uomo, grazie alla spezia, diventa sempre meno umano, trascende i propri limiti e diventa quasi un dio. Proprio per questo vanno a formarsi movimenti fideistici, legati a figure profetiche o messianiche (santa Alia del coltello e Paul, e ovviamente Leto), come il terribile e profetizzato Jihad fremen, che spazzerà la galassia. Il mondo di Dune è un mondo davvero poco razionale.
  
Quella landa desolata chiamata Arrakis
Arrakis, il pianeta Dune, è a tutti gli effetti uno dei personaggi principali di tutta l'opera. La spezia, che esiste solo sotto le sue sabbie, è il motivo per cui tutta la galassia si contende la sua proprietà. Ma il pianeta sa difendersi, perché oltre al deserto infame, può schierare dalla sua parte i terribili vermi delle sabbie, allo stesso tempo calamità naturali ed esseri divini.

Il pianeta è quindi sempre al centro degli interessi, e agisce attivamente per rendere difficili le vite dei protagonisti. Le vicende di Dune sono tali proprio perché Arrakis svolge un ruolo di primo piano in qualsiasi circostanza. Questo è importante e dovremmo tenerlo in conto: la trama di ogni romanzo non parla mai di vicende piccole o di poco conto, ma è sempre legata a doppio filo al destino di Dune, e dato che Dune influenza attivamente il destino dell'universo stesso, beh, capirete che parliamo di una scala decisamente grande. 

Proprio per questo, nonostante non manchino altri pianeti, e nonostante alcune scene siano ambientate su di essi, il grosso delle vicende si svolge su Dune.


Cosa dovrebbe avere un gioco ideato da zero

Per iniziare col botto, dal mio modesto punto di vista penso che per sfruttare al meglio gli elementi di Dune servirebbe un gioco senza GM. Ovviamente sono i miei 2 cents, e voi potreste tranquillamente decidere di optare per un gioco dove invece il GM è centrale e ha i poteri classici. Dato però che parliamo di vicende con molti personaggi, dove ognuno di questi avrà le sue scene dedicate, io ci vedo davvero bene un gioco privo di GM (chiamatelo GMfull o GMless, se volete).

A parte questo, direi che per prima cosa un gioco su Dune dovrebbe gestire il flusso di gioco in scene personali focalizzate su uno specifico personaggio, dato che è così che funziona anche nei romanzi. Scene impostate con un framing aggressivo, che vadano subito al sodo e che permettano di portare avanti la trama o di conoscere meglio i personaggi. 

Prima di avere i personaggi sarebbe necessario creare una situazione iniziale. Ho sperimentato questo approccio in altre mie partite e in altri miei giochi, e secondo me è perfetto per Dune. Si decide tutti assieme, al tavolo, cosa sta succedendo e qual'è la situazione di partenza, qualcosa di problematico che possa portare a interessanti e drammatici sviluppi futuri. Ovviamente, si butta giù qualche nome importante, un insieme di personaggi tra i quai i giocatori sceglieranno il proprio PG. 

Una volta scelti i personaggi, dovremmo crearli in maniera più approfondita. Per ottenerli pensiamo un attimo a come sono i personaggi tipici di Dune e alle fazioni del suo setting: potremmo avere nobili, cadetti, bene gesserit, fremen, mentat, guerrieri, ecc. Insomma, da una parte sapere queste cose ci aiuta a capire quali sono le competenze del PG, e dall'altra già lo inseriscono in un determinato contesto sociale. Sappiamo anche che i personaggi di Dune sono particolarmente competenti, quindi io eviterei un sistema di crescita alla D&D o un sistema di abilità molto stretto e complicato. Rimaniamo leggeri da questo punto di vista. Molto leggeri.
E infine, i personaggi di Dune sono sempre in posizioni importanti e sono sempre al centro degli eventi principali. Creando una situazione iniziale dovremmo già avere idee concrete in merito, ma l'importante è che il gioco aiuti questa fase di creazione con spunti, idee e una serie di problemi tematici e drammatici legati al pianeta Dune e ai suoi abitanti. 

La gestione di conflitti del nostro ipotetico gioco dovrebbe permettere la messa in piedi di complessi
complotti, nonché la risoluzione dei pasticci che non passi per forza di cose dal combattimento.  Non abbiamo bisogno di un sotto-sistema dedicato al combattimento, no davvero; quello che ci serve è qualcosa per gestire i conflitti tanto verbali quanto fisici, che sia rapido e porti a risultati inaspettati. Qualcosa in stile "mosse del'apocalisse" sarebbe perfetto, ma non è l'unico modo.

Ci serve anche un modo per gestire i "danni" che impedisca ai personaggi di morire facilmente. Il gioco dovrebbe essere molto incentrato sul pvp, quindi meglio evitare morti inutili. Devono essere sempre drammatiche e ricche di pathos.

Fossi in voi penserei anche a un modo per gestire tutti i poteri mentali o cognitivi tipici dei personaggi di Dune. Un personaggio ha la prescienza? Bene, che sia lui a dire cosa vede nel futuro, non il GM (o non solo il GM). Sarebbe figo gestire la cosa in maniera simile a come i giocatori inseriscono nuove informazioni in The Mighty Thews.

Ah, quasi dimenticavo, ci serve inserire in gioco il credo dei personaggi. Più questo diventa forte e più proseliti suscita tra la popolazione, quasi creando una nuova setta o religione. Questo è molto importante, perché parte del potere politico, su Arrakis, si basa proprio sul consenso religioso legato alla spezia. Regolamentare il seguito di fedeli come una risorsa potrebbe essere molto meccanico, ma secondo me funziona.


Quali giochi usare o adattare

Siamo troppo pigri o non abbiamo il tempo per costruirci un gioco tutto da zero? Niente paura, di seguito vi propongo qualche titolo abbastanza azzeccato, che potrete usare al naturale o dopo una serie di modifiche.


Fateless (lo trovate qui)
Si tratta di una versione di Fate priva di GM e ideata da Alessandro Piroddi. Come il Fate, anche il Fateless richiede personaggi proattivi, competenti e drammatici, tutte premesse che si sposano pienamente con i personaggi alla Dune. E inoltre, il Fateless obbliga ogni giocatore a dare al proprio personaggio un obiettivo personale pressante e importante.

Cosa ancora più importante, il Fateless gestisce le scene esattamente come servono a noi: focalizzandolo su un personaggio specifico e con un framing aggressivo che salta tutte le parti morte e noiose. Non avendo il GM, è possibile giocare scene personali senza che nessun giocatore si annoi, e allo stesso tempo viene facilissimo creare i tipici complotti alla Herbert.

Davvero, fidatevi del sottoscritto, Fateless è perfetto per giocare Dune, anche e specialmente per l'imprevedibilità del suo sistema risolutivo, che porta a risvolti davvero inaspettati che, si, nascono dagli interventi di tutti, ma che sembrano scaturire da un (bravissimo) GM immaginario.
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Jihad (lo trovate qui)
Il secondo consiglio non è un gioco a se stante, ma un supplemento per Burning Wheel, motore di gioco che sicuramente conoscerete nella variante più leggera che muove Mouse Guard. Jihad è esattamente e senza mezzi termini il gioco di Dune, ma non si chiama Dune per banalissimi motivi di copyright.

Come Burning Wheel, ha un regolamento decisamente corposo, ma ogni elemento è messo al punto giusto. I personaggi hanno si le abilità, ma anche gli utilissimi beliefs. Inoltre, la preparazione del gioco richiede espressamente di ideare un conflitto base legato al deserto, ai nobili o a tutti i tipici elementi drammatici di Dune.

Se avete tempo e pazienza per leggere prima Burning Wheel e poi questo supplemento, vi ritroverete tra le mani il gioco di Dune perfetto, con tanto di abilità e poteri dai nomi diversi ma ispirati palesemente ai corrispettivi Duneschi. Certo, dovreste anche amare i giochi dal crunch mediamente pesante, ma secondo me ne vale la pena.
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Chronicles of Skin (lo trovate qui)
Ammetto che questo è un consiglio alquanto stravagante, che mi è stato ispirato da +il mietitore, che sta lavorando a una piccola hack di questo gioco per giocare qualcosa di simile al primo Dune (dovrebbe renderla pubblica a breve, nel caso chiedete info a lui).

Chronicles of Skin parla di due culture in lotta tra loro per la supremazia. Il gioco permette di raccontare i fatti dal punto di vista dei vincitori, creando due piani temporali: la cronaca tramandata ai posteri e i fatti realmente accaduti.

Il gioco utilizza delle carte e nessuna scheda del personaggio, solo una pergamena che verrà redatta da tutti con informazioni, mappe, stemmi. Il mio amico Luigi ne ha parlato in maniera approfondita in questo articolo, quindi vi lascio alle sue spiegazioni.
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Archipelago III (lo trovate qui)
Come ha scritto il mio amico Daniele sul suo blog (cito): "Archipelago III nasce della volontà di giocare storie alla Ciclo di Earthsea di Ursula Le Guin, ma in realtà, a mio avviso, va ben oltre. Si tratta di un gioco di ruolo per giocare storie epiche e dai tratti poetici, tanto che ci verrebbero bene anche tragedie nordiche (qualcuno ha detto Love in the Time of Seið?), drammi cavallereschi, e persino una certa parte di storie ambientate nell’universo di Star Wars."

Da questa breve descrizione si evince che con Archipelago ci possiamo fare tranquillamente Dune. Ha proprio tutto quello che ci serve, e anche se lascia molto al freeform, dovrebbe aiutarci a ricreare i tipici momenti del ciclo di Herbert. Vi fidate?

Cosa molto importante: la riserva dei Mammuth di Antonio Amato sta per pubblicare la traduzione italiana del gioco, completamente gratis. È un ottimo motivo per provarlo in salsa Dune, non credete?

Cosa ne pensate?

Chiudendo l'articolo, voi cosa ne pensate? Cosa dovrebbe avere un gioco sul ciclo di Dune per essere davvero efficace? Come creereste un gioco dedicato? Quale gioco esistente, anche diverso da quelli proposti, usereste? Fatemelo sapere nei commenti.

lunedì 18 gennaio 2016

E se volessi giocare... Harry Potter?

Bentornati su queste pagine.
Questo è il nono articolo di questa rubrica, dove analizzo una serie tv, un videogioco, un romanzo o un film per capirne la struttura narrativa, consiglio giochi esistenti per giocare la stessa tipologia di storie e suggerisco qualche idea per crearne uno da zero.


Ci tengo a ricordarvi che questo tema lo avete scelto voi con un recente sondaggio, dove Avatar: le leggende di Aang e Korra ha perso per una manciata di voti (tranquilli, ne parlerò comunque più avanti).

Quindi sfoderiamo le nostre bacchette magiche, varchiamo la soglia del binario 9 e 3/4 e prendiamo l'espresso per Hogwarts. Esatto, oggi si parla di Harry Potter, clamoroso successo letterario partorito dalla fervida mente di Joanne K. Rowling, scrittrice inglese che ha imposto un nuovo modello per il fantasy e la letteratura per ragazzi. La saga di Harry Potter parla di un giovane ragazzo, Harry, che all'età di 11 anni, dopo essere stato cresciuto dai crudeli zii materni, scopre di essere un mago. Inizia una saga lunga sette libri, ognuno dei quali dedicato a un anno scolastico alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Harry, aiutato dai suoi amici, vivrà strabilianti avventure e affronterà colui che non deve essere nominato, Voldemort, il mago oscuro più pericoloso di tutti i tempi.

La fuori esistono una manciata di rpg gratuiti basati su Harry Potter, due dei quali sono Harry Potter and the tabletop rpg e Harry Potter rpg. Mi sento di sconsigliarli perché sono giochi che si concentrano sulla simulazione del setting di HP e hanno un sacco di numeretti per le competenze dei personaggi, con tanto di lista degli incantesimi. Insomma, impostano Harry Potter come fosse D&D e la cosa mi suona molto stonata. In ogni caso, se voi la pensate diversamente dal sottoscritto, trovate i link ai manuali. Nel caso, buona lettura ;)

Caratteristiche principali

Prima di gettarci nell'ideazione del GDR ideale, o nella scelta o modifica di uno potenzialmente indicato, è importante capire quali sono i punti salienti delle opere che vogliamo giocare. Quindi, quali sono le caratteristiche principali di Harry Potter?

Come tradizione di questa rubrica, eccovi il famoso tema musicale di John Willimas per creare atmosfera durante la lettura:
Piccola precisazione: quando ho parlato di determinate opere ho inserito tra le caratteristiche anche il protagonista unico forte, ad esempio con Dylan Dog. Harry Potter in effetti gira totalmete attorno a Harry, ma a differenza di Dylan Dog, che vive storie episodiche virtualmente infinite, Harry nei libri cresce, si modifica e arriva alla fine della sua storia. Non possiamo più utilizzalo per raccontare altre storie utilizzando gli elementi della saga, quindi non inserirò il protagonista forte come caratteristica peculiare. Cercherò invece altri elementi che ci permettano di raccontare le nostre storie seguendo lo schema dei romanzi della Rowling.

L'amore è l'arma migliore contro l'odio e la paura.
Nel mondo di Harry Potter esiste una forte dicotomia bene-male, due forze distinte che si fronteggiano. Il bene può sbagliare, avere dubbi e cadere in fallo, ma è il bene e agirà sempre per ottenere il giusto; il male è il male, e non ci possono essere discussioni. Bene a male ben delineati, dunque, con qualche sfumatura nel mezzo ma solo a livello dei personaggi (i personaggi che si schierano con il bene, possono scegliere da che parte stare; i cattivi no), mai dei lettori, che sanno bene dove sta il bene e dove sta il male. Questa distinzione netta tra bene e male è indice dell'anima fiabesca della saga, ma non impedisce di esplorare temi più complessi come il razzismo, la paura del diverso, il sacrificio. Semplicemente, tutto è filtrato da questa concezione. 

Ma prima di una differenza tra bianco e nero, in Harry Potter ciò che differenzia il bene e il male è l'amore. Tutti gli agenti del bene amano profondamente, creano legami e sono disposti a sacrificare loro stessi per coloro a cui vogliono bene. Specialmente, provano amore per chi è diverso, lo accettano. Tutti gli agenti del male, invece, non capiscono la forza dell'amore, lo vedono semplicemente come una zavorra, una palla al piede. Sono egoisti e agiscono solamente per se stessi e il loro tornaconto. Non amano gli altri, li usano. E spesso sono pure antipatici. E le rare volte in cui amano il loro amore è disfunzionale, malato, morboso, selettivo, elitario. Provano odio per i diversi.

A ben vedere, l'amore in Harry Potter è una forza magica, la più potente che esista. Essa si manifesta attraverso i nostri affetti, le persone che amiamo e che, specialmente, ci amano a loro volta. Il loro amore è un vero e proprio scudo, ci dona la forza di andare avanti e ci permette di compiere cose grandiose che altrimenti sarebbero state al di là della nostra portata. 

Meraviglia, mistero, bizzarria e raccapriccio
Parlando di maghi e streghe, Harry Potter fa un uso smodato del meraviglioso fiabesco, dove a regnare è il senso del meraviglioso (sense of wonder). La banalità del mondo babbano (i babbani sono tutti coloro non dotati di poteri magici, proprio come me e voi) è messa in ombra dall'enorme vitalità e creatività del mondo magico. Ogni oggetto babbano ha un suo corrispettivo magico, anni luce più assurdo, imprevedibile e, a volte, pericoloso e bambinesco. Le fotografie e i quadri si muovono, i loro soggetti parlano e quando si annoiano scompaiono e vanno a trovare i soggetti di altre fotografie o quadri vicini; i libri hanno pensieri propri, e alcuni sono veri e propri mostri con tanto di denti affilati; le scope volano; le lettere vengono portate dai gufi, molto più funzionali delle nostre e-mail; le caramelle possono avere mille gusti+1, persino cerume, vomito, caccola e così via.

Ogni scorcio, ogni passo, ogni scena nascondono meravigliosi portenti magici, ma anche terribili orrori, e non solo sotto forma di creature magiche (che tra l'altro esistono, come draghi, goblin, giganti, ragni enormi, ippogrifi, ecc.). Ogni libro della saga (persino il settimo, in realtà) porta avanti una trama orizzontale basata su un mistero arcano e affascinante, sempre legato a qualche antica magia oscura (e a Voldemort, certo). C'è un certo schema, che in un rpg su Harry Potter andrebbe seguito: durante ogni anno scolastico i protagonisti indagano un mistero che, con l'avvicinarsi dell'estate, si fa sempre più fitto, strano e pericoloso. Tutto verrà svelato solo alla fine dell'anno, dove i nostri maghetti affronteranno la minaccia finale.

L'elemento meraviglioso può quindi vestire i panni dell'antogonista, sia svolgere il ruolo di aiuto e protettore. Ciò che rende maghi i maghi è, appunto, la magia, allo stesso tempo potente alleato e potente avversario. La magia, nel mondo di Harry Potter, è folle, creativa e sregolata: esistono incantesimi che fanno vomitare lumache; altri che fanno crescere i foruncoli; altri ancora che fanno tremare le gambe; certo, non mancano incantesimi potentissimi e pericolosi, come l'avada kedavra o il senctum sempra, o cose meno distruttive come il vingardium leviosa, tutte cose che indicano una libertà creativa totale. 

Crescere è la magia più grande di tutte
I protagonisti di Harry Potter sono ragazzini, e crescono nel corso dei sette anni (e dei sette romanzi). Mano a mano che la loro età aumenta, avvicinandosi a quella adulta, anche il loro comportamento cambia. Evolvono come persone, mutano, si fanno più maturi ma allo stesso tempo vivono pienamente l'adolescenza, che nei primi libri era ancora all'orizzonte. Come si sa, gli ormoni giocano brutti scherzi. 

Harry Potter è un romanzo di formazione, e non cerca in nessun modo di nasconderlo. È un percorso di crescita: i suoi protagonisti affrontano ostacoli e avversità, e crescono grazie a quelle sfide. Ma crescono anche grazie all'aiuto di guide adulte, dei mentori (Albus Silente, Remus Lupin, Sirius Black), dei veri e propri punti di riferimento che danno consigli e indirizzano i giovani maghi verso un percorso di crescita sano e retto. I maghetti sono persone in divenire, e devono ancora decidere da che parte schierarsi. La crescita più grande sarà però perdere il mentore, e dovercela fare con le proprie forze, in una escalation di lutti che apre tragicamente il passaggio dall'adolescenza all'età adulta. 

I ragazzini di Harry Potter sono spesso chiamati a prendere scelte difficili, e questo li farà crescere prima del tempo. Alcuni di loro dovranno lottare sino all'ultimo per trovare un loro posto nel mondo; altri dovranno "semplicemente" accettare chi sono. I maghetti e le streghette di Hogwarts sono persone in divenire, pasta modellabile perennemente forgiata dai mentori, dal gruppo, dalle voci malevole, dai pareri altrui. 

Sette anni di lezioni, amori e inimicizie tra i banchi di scuola
Abbiamo detto che Harry Potter è un percorso di crescita, ma è anche una storia scolastica, con tutto quello che ne concerne: lezioni, esami, ore di studio, prime cotte, inimicizie tra i banchi di scuola e, in generale, tutti gli elementi tipici del teen drama scolastico (ma con classe). 

La Rowling ci mostra sapientemente parte della vita scolastica dei protagonisti, facendoci assistere ad alcune lezioni particolarmente importanti per il proseguo della trama orizzontale, mostrandoci le punizioni o le lodi degli insegnanti, gli allenamenti o le partite topiche, ottimi modi per far evolvere meglio i personaggi e le loro relazioni. Come abbiamo detto più sopra, la trama orizzontale imperniata di mistero ha sempre il grosso dell'attenzione, ma i piccoli momenti di vita Hogwartsiana hanno comunque la loro importanza. 

Specialmente, i momenti dedicati alle relazioni tra personaggi e agli eventi scolastici aumenta con l'aumentare dell'età dei protagonisti. Con l'adolescenza la vita di gruppo diventa più importante, sbocciano i primi amori, si sperimentano i primi baci e in generale si ricerca un maggiore affiatamento, anche nel campo dell'amicizia, dove è più facile prendersela a morte per banali battibecchi. Tutto questo impatta tantissimo sia sull'andamento scolastico che sull'avanzamento del mistero vero e proprio. Quello che pensano gli altri è dannatamente importante, e le pene emotive diventano veri e propri drammi. 

Cosa dovrebbe avere un gioco ideato da zero

Quella di creare un gioco con tutti gli elementi di Harry Potter è una sfida esaltante, perché nessuno ad oggi ci ha davvero provato al di là di una mera simulazione della fisica della magia (in realtà non è proprio così, vedremo più avanti).

A noi serve un gioco che regoli l'età dei protagonisti e che faccia scorrere il tempo a seconda degli anni scolastici. Una storia completa (che corrisponderebbe a un singolo libro della saga, tipo) dovrebbe comprendere un intero anno scolastico, quindi dipanarsi secondo queste tempistiche. Dalla mia esperienza con giochi come Monsterhearts, ho notato che in storie basate sulle relazioni e il dramma adolescenziale si tende a concentrare le vicende in poche ore o giornate, quindi abbiamo bisogno di meccaniche che obblighino a far passare il tempo e i mesi. Ci tornerà utile per un sacco di cosette tipiche delle storie di HP.

Chiaramente, abbiamo anche bisogno di personaggi adeguati. Cosa conta nei personaggi di Harry Potter? Sicuramente l'origine, la casata alla quale appartengono, le predisposizioni naturali.
Quindi, i giocatori dovrebbero scegliere le origini del loro maghetto (nato babbano e mezzosangue, orfano, famiglia povera, famiglia ricca, famiglia snob reazionaria, ibrido magico, ribelle, altro che mi sfugge), e ogni origine dovrebbe donare delle particolarità utili in gioco in modo da esplorare delle tematiche (se fosse un pbta potrebbe donare delle mosse). Scelta l'origine, si dovrebbero scegliere una o più predisposizioni naturali (pollice verde, campione del quidditch, genio secchione, ecc.) e, infine, giocare lo smistamento nelle quattro case.

Si, secondo me la casata non dovrebbe essere semplicemente scelta, ma si dovrebbe giocare lo smistamento vero e proprio. Lo smistamento si potrebbe gestire con una serie di domande da fare ai giocatori, in modo che il "cappello parlante" possa capire a quale casata inviarli. Le casate, una volta assegnate, dovrebbero donare capacità, abilità e tematiche da esplorare (ancora una volta, in un pbta sarebbero mosse). Grifondoro spingerebbe su tematiche quali il coraggio, audacia e nobiltà d'animo; Serpeverde su ambizione, astuzia e intraprendenza; Tassorosso su lealtà, giustizia e tenacia; Corvonero su intelligenza, creatività e saggezza.

Un'altra idea carina sarebbe quella di far scegliere i corsi da seguire durante l'anno, che verrebbero gestiti come vere e proprie abilità, il cui punteggio aumenterebbe in vista delle lezioni seguite, come una vera e propria pagella. Avere Oltre ogni previsione in Difesa contro le arti Oscure conterebbe di più che, ad esempio, avere Accettabile, no? 

A pensarci bene, comunque, anche l'età dei personaggi gioca un ruolo importante. Un ragazzino di 11 anni avrà un modo di relazionarsi con gli altri diverso rispetto a un ragazzo di 16 anni, che inizia ad avere i primi amori, le prime esperienze e comincia a crescere. Potrebbe essere interessante regolare questa cosa in qualche modo, senza contare che l'età ci fa capire l'anno scolastico frequentato e aggiungerebbe nuove possibilità e nuovi doveri (pensate solo alla differenza tra essere una matricola del primo anno e un ragazzo del sesto che tortura le matricole, per non parlare dei capiscuola, dei capisquadra, ecc.) Sono tutte cose che potrebbero avere regolette dedicate, no?

Ottenuti i personaggi, abbiamo bisogno di tutto il resto. Prima di tutto, secondo me è importante gestire il flusso di gioco in scene, cosa che ci renderebbe più facile tenere conto dello scorrere del tempo. Un'altra cosa importante è il tipo di gioco: scordiamoci un party unito che segue missioni, perché non è così che funzionano le storie di Harry Potter. Dovremmo basare il tutto sullo seguire le lezioni e sulle relazioni con gli altri studenti e i professori. Si dovrebbero creare amicizie, inimicizie e attività, in modo da mettere in moto le vite dei pg. I vari png avrebbero i loro problemi, e i pg vi sarebbero invischiati. 

Ma non solo: come abbiamo detto, in ogni romanzo di Harry Potter c'è sempre un mistero o una trama forte che viene risolta solo alla fine dell'anno scolastico e occupa parte della vita dei protagonisti, che lentamente scoprono indizi e verità e affrontano una minaccia in divenire. Dovremmo quindi gestire una minaccia incombente, che avanza con l'avanzare dell'anno scolastico, un mistero la cui risoluzione viene portata avanti lentamente ma con costanza. A questo proposito, non sarebbe male suddividere il flusso della storia in semestri e/o stagioni, e inserire un certo numero di scene incentrate sulla minaccia principale. La natura della minaccia potrebbe essere decisa a inizio campagna.

Mancano un paio di cosine, ancora: un bel sistema di conflitti, magari, qualcosa che rende bene sia l'azione avventurosa tipica della saga, dove non si combatte quasi mai ma in compenso ci si nasconde, si vola, si salta, si scappa, si lanciano incantesimi: tutte queste cose dovrebbero venire naturali. E ovviamente, i conflitti dovrebbero regolamentare in maniera snella anche anche tutti gli scontri verbali e i tipici comportamenti adolescenziali: ripicche infinite, bronci, cotte, scherzi. A questo proposito giochi come Monsterhearts potrebbero dare parecchie ispirazioni. 

Ah, dimenticavo di parlare di una cosa che penso sarà cara a molti: come vogliamo gestire la magia?
Io sono dell'idea che un sistema minuzioso che simuli ogni incantesimo sia tanto pesante quanto essenzialmente inutile. Prima di tutto: molte liste simili che ho visto sul web cercano di equilibrare le magie per simularle, spesso in vista di qualche combattimento. Per questo molti sono dell'idea che incantesimi come Avada Kedavra siano troppo sbilanciati per essere inclusi: una magia che uccide in un colpo? OMIODDIO, è troppo sgrava! 

Quindi, un sistema magico semplice e snello, che magari renda liberi i giocatori di usare e inventare le magie sul momento e che si focalizzi su spettacolarità e senso del meraviglioso, e non sul minmaxing. Per me basterebbe dire come si chiama la magia e cosa fa, e nulla più. A questo proposito, direi di scordarci un sistema di punti ferita classico. A me piace qualcosa in stile Fate, ossia con le conseguenze, oppure, ancora meglio, qualcosa alla Masks, dove i danni dei personaggi sono cose come spaventato, arrabbiato, insicuro, senza speranze, ecc. Gestire i danni in questo modo renderebbe semplicissimo bilanciare magie come Avada Kedavra: un cattivone ti lancia la magia, il tuo personaggio non viene colpito, ma magari ora è spaventato! In Harry Potter è così che accade, alla fine.

Ultimissima cosa, l'amore. Ogni protagonista dovrebbe avere delle relazioni forti, persone che lo amano e lo proteggono. Mi piacerebbe gestire queste relazioni con una serie di punti, che potremmo chiamare "punti amore". Usarli porterebbe un aiuto esterno, come quando la fenice aiuta Harry nel secondo libro (ma potrei fare centinaia di esempi). L'amore chiaramente andrebbe coltivato tramite sacrifici e gesti d'amore vero. 

Quali giochi usare o adattare

Siamo troppo pigri o non abbiamo il tempo per costruirci un gioco tutto da zero? Niente paura, di seguito vi propongo qualche titolo abbastanza azzeccato, che potrete usare al naturale o dopo una serie di modifiche.

Prima di iniziare, ci tengo a dire una cosa. Quella di Harry Potter è un tipo di narrativa intrigante che dovrebbe avere più spazio nel mondo dei giochi di ruolo. Purtroppo ad oggi non esistono giochi davvero adatti al 100% (a parte uno di quelli che vi consiglierò più avanti, del quale però non posso garantire la qualità). C'è qualcuno disposto a prendersi l'onore di creare uno?

The Academy (lo trovate qui)
Il suo stesso creatore lo definisce un gioco di narrazione, leggero e senza GM, dove si raccontano storie di studenti alle prese con la vita scolastica e problemi drammatici. Dalla recensione su Pixel Flood sembrerebbe essere un gioco perfetto per i nostri scopi, dato che il tipo di scuola e di universo viene scelto collaborativamente al tavolo. Niente ci vieta di giocare proprio a Hogwarts (ma il gioco funziona anche se volessimo giocare nel Garden di Balamb o nella scuola del professor Xavier per giovani dotati).

Dal lato regole sembra perfetto: i personaggi vengono gestiti da dei tratti, si giocano gli anni scolastici tra lezioni e amori adolescenziali, e si dovrà affrontare una minaccia oscura all'orizzonte.
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Cuori di Mostro (lo trovate qui)
Cuori di Mostro (che chiameremo amichevolmente Cuori di Mestruo), è un PbtA (powered by the apocalypse, ossia basato sul motore del Mondo dell'Apocalisse) nato per vivere storie di mostri adolescenti alle prese con scuola, amori e avversari occulti. Avete presente cose come Twlight, Teen Wolf, Vampire Diaries e Buffy? Ecco, l'ispirazione è proprio quella. Lo so che molti di voi saranno stati presi da spasmi di nausea solamente nel leggere Twilight, ma vi assicuro che il gioco è bello.

Giocato al naturale, a parte per il tema teen scolastico, si discosta un po' da Harry Potter, quindi dobbiamo modificarlo per venire incontro alle nostre esigenze. Qualcuno ci ha già pensato per noi: Jonathan Walton ha lavorato su una hack a tema Harry Potter presente in Monsterhearts Second Skin, che non possiedo e sulla quale non posso dirvi molto. 

Esiste inoltre un'altra hack chiamata Houses and Wands, che potete trovare qua. Si tratta di materiale in via di sviluppo, quindi occhio.
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Errore nel sottotitolo XD
Eldritch High (lo trovate qui)
Già a partire dal logo si capisce subito che Eldritch High è nato per giocare storie alla Harry Potter. Ogni giocatore interpreta un giovane mago o strega e lo guiderà attraverso i quattro anni della scuola di magia conosciuta come Eldritch High, dove verrà assegnato a uno dei cinque dormitori, seguirà le lezioni per imparare le arti arcane e affronterà un'oscura e misteriosa minaccia all'orizzonte. Che dite, la premessa è abbastanza buona?

Si tratta di un gioco semplice, dal costo sostenuto e spiegato in un manuale di una trentina di pagine. Non l'ho mai provato, solo letto molto velocemente, quindi non so dirvi se valga davvero qualcosa. Ha delle idee carine, come quella di imparare la magia scegliendo i corsi da seguire durante i semestri (come Alchimia, Divinazione, ecc.), nonché la meccanica dei punti Homework (compiti a casa). L'unica cosa che mi lascia perplesso è che il manuale è spiegato male e alcune cose, sarò sincero, non le ho capite. Lo consiglio perché sprizza Harry Potterosità da ogni poro, ma se poi è un gioco brutto non incolpate me.
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Smallville RPG (lo trovate qui)
Basato sul motore Cortex plus, è un gioco che meriterebbe molte più attenzioni di quelle che ha ricevuto, dato che ricrea davvero bene e in maniera elegante (e crunchosa, se vi piacciono le cose giocattolose) il tipo di fiction alla Smallville. Ovviamente, vale lo stesso discorso fatto per cuori di mostro: abbiamo bisogno di modificare il gioco per adattarlo alle storie in stile Harry Potter.

Le cose da cambiare dovrebbero essere le origini (vi ho dato qualche dritta nel capitolo dove spiego come creerei un gioco da zero), il focus, la giovinezza, la strada e i life-changing event, inserendo elementi più consoni al tipo di storie alla Harry Potter. Il resto dovrebbe essere abbastanza facile da adattare, specialmente se siete già un po' affini con il Cortex plus.

Una cosa è certa: utilizzando Smallville otterrete delle storie più "televisive", quindi con un andamento verticale misto a uno orizzontale. Niente che non sia compatibile con Harry Potter.
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Fate Accelerato (lo trovate qui)
Penultimo e banale consiglio, il FAE parla di personaggi proattivi e drammatici, e quindi è abbastanza in linea con i protagonisti tipici di Harry Potter; ma si focalizza anche su personaggi competenti, e nonostante i giovani maghi di cui parleremo stanno ancora imparando, sono comunque discretamente competenti in quello che fanno (tanto da riuscire in magie superiori a quelle insegnate nei corsi scolastici). Quindi è perfetto.

Ci sono però delle modifiche che suggerisco: mi piace l'idea di modificare gli approcci dei personaggi in base alla casa a cui appartengono, in maniera simile a come fa Evolution Pulse con i quattro diversi tipo di esecutori. Dovreste pensare a quali approcci caratterizzano Grifondoro (spericolato, appariscente), Serpeverde (furbo, infido), Corvonero (geniale, prudente) e Tassorosso (tenace, empatico), o magari utilizzare le case stesse come fossero quattro approcci.

Le varie materie scolastiche potrebbero invece essere dei talenti. Sarebbe interessante anche un mix tra approcci e abilità.
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Solar System (lo trovate qui)
Si tratta di un gioco poco usato oggi giorno, ma che qualche anno fa ebbe una certa eco come sistema "generico". La sua migliore caratteristica sono le chiavi, ossia particolari modi di comportarsi che, se messi in pratica, donano punti esperienza. Le chiavi possono anche venire scartate, in modo da ottenere tanti punti esperienza e crescere come personaggio.

Basandosi su personaggi in divenire, mi sembra un gioco abbastanza adeguato per Harry Potter. Non ne avrei comunque parlato, se non fosse che di recente è stata giocata una campagna intera con questo regolamento (su Google+ cercate #SolarSystem #HarryPotter). Mi dicono funzioni bene, ma c'è da fare un certo lavoro di design. Il Solar System non è un gioco vero e proprio, più che altro è un kit da utilizzare per ottenerne uno.

Cosa ne pensate?

Chiudendo l'articolo, voi cosa ne pensate? Cosa dovrebbe avere un gioco su Harry Potter per essere davvero efficace? Come ne creereste uno da zero? Quale gioco esistente, anche diverso da quelli proposti, usereste? Fatemelo sapere nei commenti.

mercoledì 13 gennaio 2016

E se volessi giocare... Letteratura Cavalleresca?

Dopo le feste riprende questa mia rubrica.
Questo è l'ottavo "episodio" di questa rubrica, dove analizzo una serie tv, un videogioco, un romanzo o un film per capirne la struttura narrativa, consiglio giochi esistenti per giocare la stessa tipologia di storie e suggerisco qualche idea per crearne uno da zero.

Gli articoli fino ad ora pubblicati li trovate qua

Da buon studente di lettere, quest'oggi tratterò un tema decisamente letterario e un po' meno nerd del solito; non parlerò di un'opera precisa, bensì di un insieme di opere che assieme compongono un genere ben delineabile, ossia la letteratura cavalleresca. Lo farò abbracciando sia i più antichi romanzo cavalleresco e chanson de geste, sia il poema epico-cavalleresco di età rinascimentale. Esatto, mi sto riferendo a opere immortali come l'Orlando furioso, la Gerusalemme liberata, la Chanson de Roland, il ciclo arturiano e tanti altri. Quindi, per usare una sottospecie di protasi:

Canto d'amori, audaci imprese e cavalieri,
di dame e regni persi negli armadi;
materia per le corti e re severi, 
che noi useremo per tirare dadi.
(faccio pena, lo so)




Mi hanno fatto notare l'esistenza di un interessante gioco del 1993, tutto italiano, chiamato Orlando Furioso. Il gioco, di stampo prettamente classico e tradizionale, pone i giocatori nei panni dei cavalieri di Carlo Magno e, con un regolamento più snello del previsto, si propone di ricreare le classiche storie dell'epica cavalleresca. Essendo un gioco molto vecchio che non conosco e non ho mai giocato, lo inserisco qui invece che nella sezione dei consigli. Potrebbe essere una buona idea quella di scoprirlo in una specie di operazione filologica gdristica.

Caratteristiche principali

Prima di gettarci nell'ideazione del GDR ideale, o nella scelta o modifica di uno potenzialmente indicato, è importante capire quali sono i punti salienti delle opere che vogliamo giocare. Quindi, quali sono le caratteristiche principali della letteratura cavalleresca?

Per avere un po' d'atmosfera, fate partire il video:


I valori di una classe guerriera
Parlando di cavalieri, la letteratura cavalleresca non può non esaltarne i valori fondanti, ponendoli al centro dei suoi interessi. Tutti i personaggi davvero importanti, ossia i protagonisti, sono cavalieri fatti e finiti, sia che siano membri dell'aristocrazia feudale o eroi di origine popolare. Nessuno di loro è un novellino alle prime armi e nessuno di loro mette in dubbio i valori fondanti della casta che rappresenta. L'ideale cavalleresco è vissuto in maniera totalizzante.

Coraggio, lealtà, eroismo, generosità, amor di patria, difesa della fede cristiana (i buoni sono sempre i cristiani), sete di gloria e fedeltà al proprio signore sono i valori che guidano i cavalieri cantati in questo tipo di letteratura, permettendo loro di raggiungere la nobiltà, intesa come nobiltà d'animo e non di lignaggio. Il protagonista tipo incarna ognuno di questi valori e li concretizza con le sue azioni, con il rischio a volte di essere un mero stereotipo più che persona vera e propria. Questo non stupisce, dato che spesso e volentieri la forma letteraria vuole essere un pretesto per impartire lezioni di cavalleria.

I valori cavallereschi, però, possono mostrarsi in tutta la loro forza solo se contrapposti a forti e brucianti passioni. I cavalieri possono cadere in fallo, lasciarsi trasportare dai sentimenti ed essere tentati di tradire il proprio signore e la propria causa. Il cavaliere senza macchia e senza paura si trova a fronteggiare le proprie passioni e la propria natura umana, avendo sempre bene in mente quali sono i giusti valori (quelli tipici della cavalleria) e quali quelli sbagliati. La prova morale è sempre dietro l'angolo.

L'amore cortese
L'amore, specialmente, viene trattato in maniera positiva e negativa assieme, sia come sentimento alto capace di nobilitare l'uomo, sia come sentimento fallace in grado di deviare il cavaliere dalla sua strada. Non è raro che bellissime streghe tentino di irretire l'eroe rapendolo con giochi erotici e amorosi, o che splendide dame diventino il perno dello scontro tra due o più cavalieri.

L'amore cortese diventa uno dei temi portanti: l'uomo è sottomesso e devoto a una figura di donna idealizzata e irraggiungibile, che ama in maniera segreta e spirituale. Ne è un esempio la storia di Tristano e Isotta: l'amore tra i due è impossibile, perché Isotta è la sposa del re. Per non cadere in fallo e venire meno ai propri doveri i due sono costretti al suicidio. L'amore è tormentato e doloroso.

Questo diventa particolarmente vero in piena età rinascimentale con la nascita del poema epico cavalleresco. Nelle opere del Boiardo, dell'Ariosto e del Tasso i cavalieri sono guidati da passioni brucianti che li portano addirittura a perdere il senno o ad abbandonare la propria causa. In un'epoca in cui l'uomo è al centro della rinascita culturale, sono i sentimenti e le passioni mondane a dominare davvero la storia.

Guidato dal destino
L'eroe dell'epica cavalleresca è armato della spada, nel cui uso è maestro assoluto e che sporca spesso di sangue, ma riceve l'aiuto del signore e della provvidenza. Tutta la competenza non è nulla in confronto all'aiuto divino che guida i passi dell'eroe verso una meta prestabilita, un obiettivo.

Solitamente, l'eroe della letteratura cavalleresca ha un epico destino davanti a se: qualcuno conquisterà un regno, qualcun'altro troverà il graal, qualcun'altro ancora fonderà un impero. Nel futuro di un cavaliere c'è sempre un destino epico e di altissima caratura, qualcosa che cambierà le sorti del mondo e porterà a trionfo sia l'eroe che tutta la cultura cattolica occidentale. Egli non ha deciso il suo destino, non è una sua volontà consapevole: il destino gli è stato affibbiato da una potenza superiore e vi arriverà dopo lunga tribolazione.

Il poema epico cavalleresco di stampo rinascimentale mescola un poco le carte: qui la capacità dell'uomo di dominare il proprio destino è messa in secondo piano dalla fortuna, ossia il caso. Eventi inaspetatti sballottolano l'eroe di qua e di la, in un moto turbinoso e incontrollabile.

Materia di diletto
La letteratura cavalleresca nasce come strumento di diletto per gli abitanti delle corti, e lo fa creando mondi paralleli popolati da creature del folklore per soddisfare un desiderio di evasione. Si tratta di un genere fortemente popolare, dove il meraviglioso fiabesco gioca un ruolo di primo piano.

Licantropi, ippogrifi, streghe, fate, gnomi, draghi, maghi, folletti, giganti e altre creature fantastiche, prese di peso dai vecchi mondi pagani e specialmente dal folklore celtico, diventano sia aiuti sovrannaturali (si pensi a mago Merlino e alla magica Excalibur) e conduttori (come l'ippogrifo cavalcato da Ruggero o il cervo bianco), sia avversari da affrontare e sconfiggere. Il meraviglioso diventa elemento caratterizzante, dove non mancano improbabili creature del bestiario medievale come sciapodi, blemmi e monocoli o interventi divini di matrice agiografica (come nel Tasso). 

Il meraviglioso, qualunque sia la sua forma (una storia cavalleresca funzionerebbe tranquillamente in un setting spaziale), è un potente strumento di evasione in mondi nuovi e vasti. La struttura stessa del genere non fa che sottolineare questo senso di infinito errare ed esplorare. Le storie narrate possono essere viste come episodi con una struttura a quest (c'è sempre qualcosa da cercare, qualcuno da liberare, una bestia da uccidere, ecc.), inscritti in un flusso infinito, che possono continuare virtualmente per sempre. L'eroe insegue i suoi obiettivi e le sue passioni, solitamente da solo, senza gruppo (ma non mancano aiuti prodigiosi); affronta prove e creature meravigliose, ma non arriva mai davvero alla meta. O meglio, vi arriva, ma sempre forzatamente, perché il gioco potrebbe continuare senza mai arrestarsi. 

In questo contesto, grande importanza ha la materia guerresca. Al pubblico cortese piaceva moltissimo sentire narrare di gesta epiche, di combattimenti, di guerre e battaglie, e l'epica cavalleresca è costellata di questi elementi. Normale, d'altronde, dato che i protagonisti di queste opere sono cavalieri, bellatores, professionisti della guerra. Le battaglie, esagerate ed epiche, trattano tanto di eserciti quanto di duelli tra cavalieri e sono tra gli ostacoli più comuni per un cavaliere. 

Cosa dovrebbe avere un gioco ideato da zero

Secondo me la materia cavalleresca si sposa tantissimo con il gioco di ruolo, ma non se intendiamo seguire lo stile classico del "party che fa quest". Le quest chiaramente ci sono, visto che sono il cuore del genere (basti pensare alla cerca del Graal), ma i destini dei cavalieri sono spesso molto personali e non c'è così tanto affiatamento di gruppo come potrebbe sembrare. 

Per prima cosa, sono abbastanza sicuro che la scelta di avere o no un GM possa essere liberamente a descrizione del designer, perché non dovrebbe incidere troppo sul tipo di storie. Forse un masterless renderebbe più agile il raccontare storie di eroi che vivono avventure personali, ma va bene anche il GM. Insomma, anche Trollbabe ha il GM. 


Per mio gusto personale, io permetterei un setting libero, ovviamente precisando che funzionano solo setting dove esiste una sorta di cavalleria, dove vige l'amore cortese, e dove sia possibile vivere avventure meravigliose in luoghi lontani, esotici e misteriosi. Per ottenere questo è meglio strutturare regole più astratte e abbandonare la simulazione del setting. Ma anche questo è un consiglio molto personale.

Una delle parti più importanti sarebbe la creazione del personaggio. Dovremmo pensare a una struttura che ci permetta di ottenere personaggi tridimensionali ma allo stesso tempo affini al tipo di eroe epico-cavalleresco. Ci servono eroi giovani dalle grandi competenze, con passioni forti, e con un destino. Le passioni potrebbero essere gestite come tratti dall'importante peso meccanico e con una duplice funzione: di aiuto positivo per il giocatore e di potente strumento per incasinare le avventure dell'eroe. Lo stesso vale per competenze e oggetti magici e potenti. Il destino sarebbe una sorta di guida tematica per la creazione delle quest da far vivere al cavaliere.

Un'altra cosa davvero fondamentale sarebbero le relazioni, sia tra cavalieri che con png, spesso e volentieri relazioni amorose con dame o streghe. Potrebbero funzionare esattamente come le passioni.

Ovviamente, i personaggi non ci servono a nulla se non sappiamo come gestire i conflitti. Secondo
me non abbiamo bisogno di regole dedicate ai combattimenti e, anzi, gestirei i conflitti in maniera molto diretta e semplice, magari con pochissimi tiri di dado. Di solito i combattimenti e altre peripezie durano poco, nel genere di riferimento, perché c'è bisogno di parecchio movimento.

Importantissimo sarebbe gestire le scene e le quest. Il cavaliere dovrebbe avere sempre un obiettivo, raggiungibile nel giro di poche scene, come liberare una principessa, uccidere un drago, sconfiggere un saraceno e cose simile. Qualcosa di rapido da portare a termine, un tassello verso l'ottenimento del proprio destino.

In tutto questo, i legami e le passioni giocherebbero un ruolo fondamentale. Usando le passioni come forza il giocatore otterrebbe bonus per vincere i conflitti; facendolo, bloccherebbe quel tratto. L'unico modo per sbloccarlo sarebbe inserire una passione in maniera negativa, ossia facendosi tentare e cedendo.

Dovremmo ottenere un gioco rapido, dove diversi cavalieri vivono la loro storia personale, ma spesso intrecciando i propri destini. Le quest, episodiche, non dovrebbero cambiare di molto lo status quo.

Quali giochi usare o adattare

Siamo troppo pigri o non abbiamo il tempo per costruirci un gioco tutto da zero? Niente paura, di seguito vi propongo qualche titolo abbastanza azzeccato, che potrete usare al naturale o dopo una serie di modifiche.

King Arthur Pendragon quinta edizione (lo trovate qui)
Pendragon è un gioco vecchio e con molte magagne. Vi starete chiedendo come mai lo inserisco nei suggerimenti e non nello spazio in alto dove parlo sempre di giochi vecchi che scarteremo. Beh, perché Pendragon, nonostante mille difetti, è un gioco che per l'epoca aveva idee e trovate davvero azzeccate e potrebbe essere giocabile ancora oggi.

Avrete anche notato che non vi sto consigliando un'edizione qualsiasi, bensì la quinta e ultima edizione. A detta di molti, quest'ultima edizione mette a posto molte cose e trasforma Pendragon in un gioco decisamente coerente, ma con un fortissimo sapore tradizionale.

Già dal nome potete intuire di cosa parla. Si focalizza sulle gesta di Uther Pendragon e di suo figlio Artù, quindi attinge a piene mani dalla mitologia del ciclo arturiano e si focalizza sul tipo di storie di cui parliamo in questo articolo. I giocatori interpretano cavalieri, ognuno dei quali con brucianti passioni e desideri. 
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Archipelago III (lo trovate qui)
Archipelago è un gioco che non parla direttamente di letteratura cavalleresca ma, essendo ispirato alle tecniche narrative di Ursula K. le Guin (indovinate perché il gioco si chiama Archipelago. Vi dice nulla Earthesea?) è perfetto per giocare storie di cavalieri, dame, amori e battaglie.

Si tratta di un gioco senza master (masterless) e dal regolamento freeform, dove ogni giocatore interpreta un personaggio e lo guida verso il suo destino. Data la fonte di ispirazione, è abbastanza ottimo per i nostri scopi e non vedo alcuna necessità di modificarlo o hackarlo. Il gioco gestisce molto bene i legami tra personaggi, alcuni indiretti, e si focalizza su storie di personaggi diverse che si intrecciano e si arricchiscono con battaglie, amori, tradimenti. Insomma, è davvero perfetto al nostro scopo.

Il gioco ha inoltre una meccanica molto utile per simulare lo sballottolamento del destino tipico della letteratura cavalleresca: le carte fato. Queste carte aggiungono imprevisti, plot twist e cambiamenti improvvisi alla storia. È esattamente ciò che ci serve.

Piccola chicca, il gioco è completamente free e lo potete trovare cliccando al link sopra elencato. 
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The Questing Beast (lo trovate qui)
Come Pendragon, anche the Questing Beast è fortemente ispirato ai racconti del ciclo arthuriano, ma con una piccola differenza: gli eroi qui raccontati sono tutti animali antropomorfi. Non credo che questo possa essere un problema, no? Anzi, ai miei occhi rende il gioco ancora più interessante.

Detto questo, the Questing Beast ha una figura di GM. Tutti gli altri giocatori sono bardi, ossia cantastorie che racconteranno le gesta di un loro eroe personale (il loro personaggio, dai). Creando una romance iniziale, tutti al tavolo giocano per raccontare un'epica e tragica storia cavalleresca con protagonisti cavalieri animali antropomorfi (tra l'altro, la forma dell'animale è molto importante e dona capacità particolari).

Il gioco è, probabilmente, tra quelli proposti, quello migliore per raccontare e vivere storie di cavalieri, dame e epiche battaglie. Lo consiglio caldamente.
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Deus Opera (lo trovate qui)
Deus Opera è nato per raccontare storie di eroi epici, ma non un'epica cavalleresca, bensì un'epica mitologica dove gli dei decidono le sorti dei mortali. C'è questo piccolo intoppo, è vero, ma la sua struttura è effettivamente perfetta al nostro scopo, perché abbiamo un eroe protagonista con un forte obiettivo, una serie di importanti comprimari, avventure che si intrecciano e si dilatano e regole per gestire storie epicheggianti.

Se l'unico problema è davvero quello delle divinità, dato che ogni giocatore ne interpreta una, non sarebbe possibile rimediarvi trasformando gli dei in un mix di principi cavallereschi, provvidenza divina e pulsioni malvagie?


Cosa ne pensate?

Chiudendo l'articolo, voi cosa ne pensate? Cosa dovrebbe avere un gioco sulla letteratura cavalleresca per essere davvero efficace? Quale gioco esistente, anche diverso da quelli proposti, usereste? Fatemelo sapere nei commenti.

martedì 5 gennaio 2016

Interpretazione e immersività: alcune riflessioni in merito.

L'interpretazione nel gdr è tutto.
Come cos'è l'interpretazione? È... beh, è l'interpretazione. È te che giochi il tuo personaggio, no? Se non c'è quella non c'è immersione...
Come non sapete che significa immersione? Uff... beh...Accidenti, ma... vuoi vedere che mi tocca ragionarci su?
Salve gente.
Oggi mi va di parlarvi di qualche termine che gira nell'ambiente ludico da, tipo, sempre, e che molti giocatori usano come fossero paroline mistiche dal significato vago e magico. Specialmente, vorrei chiedermi se termini come interpretazione e immersione significhino qualcosa e se siano davvero importanti e vitale nel gdr; vorrei dare una risposta al quesito ragionando assieme a voi.

Interpretazione

Per prima cosa, ci serve sapere cosa significa interpretazione nel mondo del gioco di ruolo.

Interpretazione è un termine che pare avere significati diversi per ogni persona, ma che spesso e volentieri indica un significato mutuato dal gergo teatrale: immedesimarsi in un personaggio. Per prima cosa dobbiamo capirci e trovare una definizione accettabile; nel farlo dobbiamo abbandonare il termine interpretazione perché troppo fumoso.  

Io l'interpretazione l'ho sempre pensata come quell'atto in cui un giocatore muove il proprio personaggio, decide per lui cosa pensa e dice e gli fa prendere scelte e decisioni, un po' come se ne fosse lo sceneggiatore. La prima definizione di interpretazione può venire chiamata semplicemente: muovere il personaggio. Ecco il nostro primo nuovo termine. 

So che per altri, e sono abbastanza sicuro siano la maggior parte, interpretare significa stare sempre "in character", ossia comportarsi in tutto e per tutto come il personaggio, recitandone le inflessioni vocali e i movimenti e agire come se fossimo proprio lui (e in casi estremi senza parlare mai out game); per queste persone l'atto di interpretare non si discosta dal teatro. Potremmo chiamare questa propensione come recitare il personaggio. Ed ecco anche il secondo nuovo termine.
Per alcuni il gdr è una speciale forma di recitazione teatrale; per altri ha più affinità con la narrazione e il raccontare una storia.
La differenza tra muovere il personaggio e recitare il personaggio è labile. Non sono due cose contrapposte e possono tranquillamente convivere. Di solito lo fanno. Se disegnassimo un grafico ad albero, recitare il personaggio sarebbe un prodotto del muovere il personaggio. Quest'ultimo potrebbe esistere anche senza l'altro, il che lo rende automaticamente più importante. 

Recitare il personaggio, se ci ragioniamo un attimo, non è vitale in un gioco di ruolo, mentre muovere il personaggio si. Un gioco di ruolo è tale quando esiste uno spazio immaginato condiviso (SIS, Shared Imagined Space), elemento che alcuni chiamano fiction condivisa e altri diegesi. Il SIS comprende tutti gli elementi immaginati che i giocatori condividono tra loro in maniera verbale (o scritta, se giochiamo un play by chat o un play by forum). Non tutti avranno la stessa immagine mentale, ma in generale gli elementi saranno condivisi da tutti: se dico che la scena si apre a mezzogiorno, in una piazza ampia con una fontana centrale, tutti la immagineranno diversamente, ma l'importante è che tutti sappiano che si sta parlando di una piazza con una fontana al centro, all'ora di mezzogiorno. Quello è il SIS. 

In questo contesto, muovere il personaggio risulta fondamentale. Il personaggio è (solitamente, ma non sempre è così) il modo che ha il giocatore di interagire con il SIS e muovere il personaggio significa proprio manipolare il SIS. Se dico che il mio personaggio si avvicina correndo verso l'orco al centro della locanda, alza la mazza ferrata e gliela abbatte con forza sulla testa, sto dando agli altri giocatori informazioni vitali per capire cosa sta accadendo nel SIS, in modo che essi (GM compreso) possano reagire in maniera consapevole. Muovere il personaggio è quindi vitale, perché genera fiction e contribuisce alla creazione di uno spazio immaginato condiviso (il nostro SIS). Inoltre, la natura del SIS varierà in base al tipo di personaggio che muoviamo all'interno di esso: un personaggio come Gandalf agirà in un certo modo e impatterà sul SIS in maniera diversa rispetto a Frodo. Hanno capacità, modi di fare e obiettivi diversi, e tutte queste cose danno vita a un SIS diverso. È quella che per molti è interpretazione, no? 
Creare il SIS è come disegnare, ma invece di concretizzare quello che immaginiamo usando matita e pennarelli, lo facciamo usando le parole e le meccaniche del gioco che stiamo utilizzando. 
Recitare il personaggio non è vitale al mantenimento di un SIS. Dobbiamo però stare attenti e non confondere recitazione con coerenza. La coerenza è vitale per dare vita a un SIS stabile: se il mio personaggio ha ricevuto una brutta ferita alla gamba e ora zoppica, dovrò muoverlo tenendo in considerazione quest'informazione. Se narro che inizia a saltare e fare capriole sto probabilmente inserendo una narrazione stonata con il SIS; gli altri giocatori potrebbero storcere il naso e fermarmi. La stessa cosa vale quando dico che il mio personaggio è stupido o geniale o maleducato; queste cose dovrebbero vedersi nel SIS e solitamente dovrò muovere il mio personaggio coerentemente con esse. Ma questo non significa recitare. Posso inserire questi elementi anche parlando in terza persona usando il discorso indiretto.   
Recitare, detto in maniera molto terra terra, significa fare le vocine e le faccine e fare finta di essere quel personaggio la. 

Detto così, recitare il personaggio diventa solo colore. Può aggiungere tono a una giocata, ma non è essenziale. Il gioco di ruolo non è teatro, e non è essenziale immedesimarsi in un personaggio come se fossimo lui. Ciò che conta davvero è muovere il personaggio nel SIS.

Un gioco ben ideato dovrebbe rendere significativo ogni movimento importante (quindi ogni intervento del giocatore attraverso il suo personaggio che spinga verso il focus del gioco), in modo che questo impatti sull'economia del gioco e della storia. Le mosse di Apocalypse World sono un esempio eclatante, perché prendono il via da determinati movimenti all'interno del SIS e di rimando aggiungono nuovi elementi a quest'ultimo. Per fare un esempio (ma potrei farne altri utilizzando altri giochi), prendete la mossa prendere con la forza.

Quando cerchi di prendere qualcosa con la forza, o di assicurare la tua presa su qualcosa, tira+duro. Con un successo, scegli fra le opzioni. Con 10+,scegline 3. Con 7-9, scegline 2:
  • te ne impossessi definitivamente
  • subisci poco danno
  • infliggi un danno devastante
  • impressioni, sgomenti o spaventi il tuo nemico 

Si attiva quando il giocatore muove il suo personaggio in modo che questi prenda qualcosa con la forza da qualcun'altro. Il gioco ci sta dicendo cosa è tematico e fa in modo che muovere il SIS verso quel contesto metta in moto le meccaniche. I giocatori così impattano sul SIS e muovere il personaggio diventa meccanicamente rilevante.

Immersività

Veniamo dunque al secondo, spinoso termine: immersività. Abbiamo visto come interpretazione fosse inizialmente vago, tanto che siamo stati costretti ad abbandonare quel termine e trovarne due nuovi e meno fraintendibili. Immersività è un termine ancora più vago e sarà difficile raccapezzarcisi. 
No, i sub non c'entrano!
Il termine immersivo è utilizzato dal cinema moderno. Cito dal sito dell'enciclopedia Treccani:
nelle teorie contemporanee del cinema, con l’aggettivo immersivo si intende in generale quel tipo di stile cinematografico che tende a coinvolgere intensamente lo spettatore dal punto di vista percettivo. [...] Lo stadio più evoluto di questa strategia si realizza nei videogiochi 'in prima persona', in cui l’interazione tramite l’uso di una interfaccia mira a inserire sempre di più il giocatore nella realtà virtuale del dispositivo.
Possiamo dunque arrivare a definire l'immersività nei gdr come la volontà di sentirsi catapultati nei panni di una persona diversa (il personaggio) in una realtà altra? Più la sensazione di essere da un'altra parte è forte, più l'immersività è profonda. È questo che intendono molti giocatori quando parlano di immersività?

C'è una certa componente mistica, in questa voglia di immersione, dove le meccaniche del gioco devono sparire e il giocatore stesso diventa il personaggio giocato. Quasi nessun giocatore vi saprà dire come e perché, ma l'immersività è per lui qualcosa di indispensabile e allo stesso tempo vago e indefinito: non è in grado di darvene una descrizione o farvi esempi concreti. Tutto questo è molto lontano da quello che ricerco io in un gdr, ma so con sicurezza che da tempo molte filosofie di gioco puntano all'immersività come traguardo indispensabile alla riuscita di una buona giocata. Se ci pensate, storicamente persino i manuali di gioco sono stati scritti con quest'idea in mente. Tutte le regole si riferiscono al personaggio, mai al giocatore, e tutte concorrono a simulare la fisica del mondo, rincorrendo la chimerica volontà di simulare la realtà. Sono artefici, trucchi retorici per creare l'illusione che il regolamento non esista e che il gioco sia in realtà un mondo vero da esplorare.

Il GM come signore del gioco, che decide lui e si occupa di tutto, è un altro strumento atto ai fini dell'immersività. I giocatori non devono vedere le meccaniche del gioco, dato che queste vengono nascoste dal GM illusionista, che è tale proprio perché come un illusionista cerca di nascondere i suoi trucchi in modo da dare l'illusione di praticare vera magia.
  
È ovvio che, puntando tutto sull'immedesimazione in un altra persona, in questo caso il recitare il personaggio diventa fondamentale ancora più che muovere il personaggio. Se muovere il personaggio presuppone che i movimenti all'interno del SIS siano veramente impattanti a livello meccanico e di storia, il puro recitare il personaggio accetta e anzi ha bisogno di azioni più futili, perché punta tutto sul colore e l'illusione. Proprio per questo motivo molti giocatori sono convinti che un sistema di risoluzione a base task sia migliore di uno a conflict (questo mio vecchio articolo vi spiega di cosa parlo): essendo vago e incerto, e lasciando al GM molto potere e arbitrio, è per loro più utile ai fini di una immersività totale. La conflict invece, per sua natura più stabile e chiara, funziona a un livello di meccaniche astratte, chiama in causa il giocatore e non il personaggio, e quindi molti giocatori si sentono scalciati fuori e riemergono dal loro mondo fittizio. 

Recitare il personaggio e la necessità di regole illusorie che si rivolgono al personaggio, e non al giocatore, sono cose che si ricollegano al tabù del metagame. Metagame è un altro vocabolo incerto e vago, che in genere ha questa definizione (direttamente da wikipedia):
In role-playing games, metagaming is a term often used to describe players' use of assumed characteristics of the game. In particular, metagaming often refers to having an in-game character act on knowledge that only the player has access to (such as tricking Medusa to stare at a mirror when the character has never heard of Medusa and would not be aware of her petrifying stare). For instance, a player might adjust his character's actions if the player has some foreknowledge of the long-term intentions of the gamemaster, or, more commonly, the gamemaster's tendency to have (or lack) mercy on players whose characters do things that would cause them to fail at their objectives. A player changing how they play the game based on their knowledge of the gamemaster would be metagaming.
Alcuni giocatori hanno una definizione ancora più ampia di metagame, che si riferisce ai giocatori che utilizzano meccaniche che vanno oltre il loro personaggio. Appare ovvio che se il fine di una giocata è questa vaga idea di immersione, allora tutto ciò che si ricollega al mondo out-game mostrando il sistema (inteso come le regole e i comportamenti usati al tavolo) diventa dannoso.

Non vorrei dire qualcosa di maldestro, ma mi pare sempre più che questa voglia di immersione sia, a conti fatti, un desiderio tanto nebbioso quanto impossibile da soddisfare veramente. Il suo ottenimento si basa su una serie di fattori flebilissimi, e il buon risultato finale varia da giocatore a giocatore. Oltre a questo, è necessario avere al tavolo un GM bravissimo, che sappia cosa fare, come muoversi e cosa evitare. 

Conosco giocatori che non riescono a divertirsi se non si sentono "immersi" in qualche modo, ma non saprebbero come spiegare come ottenere questo fine. Il tutto è un sentimento quasi magico e sciamanico, che per anni è stato reso ancora più vago da un vocabolario dalle definizioni volanti. Sono portato a considerare questo bisogno assoluto di immersività come una specie di ostacolo, perché impedisce al giocatore di approcciare il gioco nella sua componente di "gioco", ossia un insieme di regole palesi da utilizzare per raggiungere uno scopo. portandolo ad approcciarlo come qualcosa di mistico e sfuggente.

Io però ammetto di guardare al problema con una visione mia personale, quindi mi viene difficile capire i bisogni di certi giocatori. Per me il gdr non deve essere un mondo fittizio dove vivere una vita alternativa, ma uno strumento per giocare una storia, esplorare tematiche e personaggi e divertirsi assieme al tavolo con regole chiare e con il sistema sotto gli occhi di tutti. Certamente, un certo grado di immersività non fà mai male, ma niente che non si possa ottenere evocando il SIS in maniera vivida (stimolando i cinque sensi) e concentrandosi sul gioco; una cosa molto simile a quanto accade guardando un bel film o leggendo un bel romanzo. Quando leggo un bel libro non sono veramente altrove: mi lego emotivamente e/o intellettualmente alla storia, ai personaggi, al contesto: questo è il mio concetto di immersività. Ma capisco che alcuni vogliono avere il brivido di trovarsi proprio li, in quel mondo immaginario, facendo finta di essere per davvero il loro personaggio.

A ognuno il suo, immagino. A me basta rendere chiaro che "immersività" non è un fattore indispensabile di ogni gdr; al massimo può essere un desiderio personale di qualche giocatore. Se non fosse che il concetto stesso di Creative Agenda è ormai entrato in declino, potrei vederla addirittura come una quarta CA, ma probabilmente facendolo alzerei un vespaio incontenibile. Evito, forse anche perché sembra un'idea poco sostenibile anche a me.