giovedì 25 febbraio 2016

Powered by the Apocalypse: analisi di un fenomeno moderno

Se seguite attivamente la scena gdr mondiale, o anche solo quella italiana, vi sarete sicuramente accorti di un fatto particolare, che qualcuno chiamerebbe persino invasione. Questo articolo vuole essere una riflessione sul fenomeno.  

Ci sono in giro questi giochi strani chiamati powered by the apocalypse (pbta), sempre più chiacchierati e sempre più giocati. Ce n'è per tutti i gusti e tutte le stagioni: da giochi fantasy che strizzano l'occhio a D&D (Dungeon World) a supereroistici dell'ultima ora (Worlds in Peril), da mostruosi giochi episodici sulla falsa riga di Supernatural (Monster of the Week) a giochi sempre mostruosi ma virati sul teen drama (Monster Hearts), passando per la space opera (Uncharted Worlds), i miti di Cthlhu (Tremulus), l'urban fantasy drammatico (Urban Shadows), le cronache vampiresche (Undying), le storie di supereroi adolescenti (Masks), le saghe vichinghe (Sagas of the Icelanders), le storie steampunk di ladri e gangster (Blades in the Dark), la seconda guerra mondiale dal punto di vista di donne aviatrici (Night Witches), il wrestling (World Wide Wrestling), le storie di guerra (The Regiment) sino ad arrivare al nuovo Kult tutto pbta e altri che sto dimenticando. Inoltre qua trovate la lista di tutti i pbta esistenti.

Ma cosa diavolo sono questi famigerati pbta?

Presto detto. Tutto prende il via da Apocalypse World (AW, Mondo dell'Apocalisse), gioco ideato da D. Vincent Baker (sì, quello di Cani nella Vigna) nel 2010 e presto diventato un piccolo grande successo nel panorama gdristico mondiale. Per me vero e proprio capolavoro, AW parla di un mondo post-apocalittico e ambienta le sue vicende 50 anni dopo la catastrofe, in un setting che verrà creato dal gruppo direttamente giocando e che non lascia spazio al classico approccio "party che fa quest" (anzi, lo ostacola attivamente). Ciò che però ha sancito il successo del gioco, al di là dell'ambientazione, è il suo regolamento.

AW si basa su una struttura allo stesso tempo semplice ma elaborata, che parte dalla volontà di strizzare l'occhio ai giochi classici tradizionali, ma ottenendo risultati in linea con quanto uscito da the Forge. Il risultato è un gioco violento, cattivo e fluidissimo. AW riprende la meccanica delle classi, che qui sono archetipi narrativi basati su un tema specifico; riprende quasi del tutto il ruolo classico del GM, che però non tira dadi e deve seguire un'agenda precisa e dei principi che sono regole a tutti gli effetti; riprende anche tutta una serie di regolette come il danno delle armi e la salute, un retaggio e allo stesso tempo un supporto. A parte tutte queste reminiscenze, però, le meccaniche che più sembrano aver colpito il pubblico sono il fail forward e le mosse (moves). 

Tutte le azioni davvero importanti ai fini del gioco sono codificate in mosse, che si attivano quando i giocatori fanno fare al loro personaggio qualcosa che vale come attivazione di quella mossa. Per esempio, la mossa prendere con la forza si attiva quando un pg prende qualcosa con la forza. Per attivarla bisogna compiere quell'azione li e quando si compie quell'azione li, volenti o no si attiva quella mossa. Quindi, si parte fluidamente dalla fiction e si ritorna alla fiction, perché le mosse filtrano la narrazione e portano il gioco verso le coordinate tematiche desiderate. Qualcuno ha detto che sono arene di conflitto, ed è vero, perché mostrano come si comportano i personaggi dell'apocalisse. Per esempio, prendono le cose con la forza. 

Ora, deve essere chiaro che le mosse di AW non sono rivoluzionarie; quello che ottengono lo hanno già fatto altri giochi, e prima (per dire, anche Cani nella Vigna parte dalla fiction e offre altra fiction), ma le mosse inseriscono quel crunch molto caro ai giocatori di vecchia data e ricordano allo stesso tempo le abilità, i talenti, i poteri e le magie di giochi più classici. Inoltre sono estremamente "giocattolose". 

Il successo del gioco lascia intendere che ai giocatori piace la formula, e in più il manuale stesso presuppone la possibilità di scrivere e inventare nuove mosse, che diventano importanti per personalizzare la propria campagna (in maniera regolamentata e precisa). Da qui l'idea di utilizzare il regolamento base per ottenere qualcosa di nuovo è praticamente obbligatoria. 

L'ambiente gdristico americano inizia a fremere e in molte comunity circolano prototipi di nuovi giochi basati sul motore dell'Apocalisse: molti rimarranno dei giochi a metà, altri verranno pubblicati diventando dei successi, come Dungeon World, uno dei primi pbta mai ideati. Il primo di questi a vedere le stampe è Monsterhearts, per alcuni uno dei pbta meglio riusciti, per altri (me compreso) un gioco ancora molto acerbo, nonostante sia molto interessante e divertente. La strada adesso è tracciata, tanto che Avery McDaldno, l'autrice di MH, scrive Simple World, una hack di AW pensata per aiutare potenziali autori a creare il proprio pbta. 

Piano piano vedono la luce nuovi regolamenti, inizialmente molto simili all'AW originale, ma mano a mano sempre più peculiari, diversi e ricchi, grazie anche a una serie di regole aggiuntive che li caratterizza, a volte li fa brillare e, a volte, appesantisce. Tutti, però, mantengono abbastanza inalterata l'idea dei libretti (classi) e, specialmente, la meccanica delle mosse e il ruolo del GM, di cui cambiano agenda e parte dei principi, mantenendo invariati la filosofia, i poteri e gli obblighi/doveri. 

La portata del fenomeno

Data la loro natura, la grande proliferazione di pbta non stupisce. In primo luogo, Baker è riuscito a creare un'impalcatura solida e malleabile, che nonostante richieda enorme lavoro, può adattarsi a molteplici tipi di storie. Lo stesso Baker, tra l'altro, ha dato vita a un paio di pbta, come il minimale Fantasmi Assassini (che scardina in parte il motore stesso) e il coming soon Dark Ages. 

Ma perché, quindi, così tanti pbta? Beh, prima di tutto perchè i principi del GM sono facili da modellare, e questo già da solo aiuta a ottenere un certo risultato. Le mosse, che sono l'aspetto più peculiare, sono la parte più difficile, ma la loro natura permette di utilizzarle per praticamente ogni evenienza. Sono loro, in primis, che aiutano a ottenere una certa atmosfera. L'effetto non è dato solo dall'attivatore, che è un filtro narrativo, ma anche dai risultati della mossa stessa. Il resto dell'impalcatura può restare più o meno invariata, compresi i legami, i fronti, la salute e l'avanzamento. 

Questo scheletro di base ha quindi permesso a molti potenziali autori di avvicinarsi al game design senza dover inventare la ruota da capo, ma avendo già pronto una specie di kit di base. C'è poi un altro fattore da tenere a mente. Più pbta uscivano e più l'utenza si abituava al loro utilizzo e alla loro filosofia, rendendo più semplice ai nuovi autori approcciare la creazione di regolamenti "apocalittici", dato che ormai erano entrati nella giusta mentalità. 

Pubblico abituato, poi, significa anche pubblico più propenso a buttarsi sul conosciuto invece che sul nuovo. Certo, ogni pbta è un gioco a se e richiede la lettura del manuale, spesso un bel malloppo, ma l'anima del gioco è più o meno sempre la stessa e questo è in qualche modo rassicurante. 

Inoltre i pbta sono facilmente vendibili. Ai giocatori di vecchia data ricordano in qualche modo i giochi a cui sono abituati, e si sentono meno spaventati; per giocatori abituati ai giochini nuovi, invece, i pbta sono giochi fluidi e funzionali, e li giocano senza alcun problema.

Ultimo fattore, non meno importante, è il GM. Dal lato giocatore i pbta richiedono molto meno "lavoro" rispetto a un Trollbabe o un qualsiasi GMless, e questo, come ho già detto, è rassicurante. 

Per questi motivi, i pbta oggi spuntano come funghi. Il "regolamento" è così famoso e amato che persino vecchie glorie come Kult vengono convertite alla sua filosofia.


Influssi positivi

Questo cosa comporta? Beh, prima di tutto effetti positivi. I pbta ben scritti ereditano molti dei pregi di AW, quindi un approccio molto orientato alla narrazione (alcuni direbbero fiction oriented), che abbandona i classici numeretti in favore della fictional positioning più spinta e consapevole, e un tipo di storia che spesso abbandona il classico "party che fa quest" in favore di qualcosa di nuovo e diverso. 

Specialmente, i pbta sono una palestra fantastica per GM e giocatori. Al GM insegnano trucchi che, utilizzati da secoli da alcuni bravi master, sono qui codificati direttamente come regole e spiegati in maniera chiara e concisa. Gli si insegna a evitare il railroading, a trattare i personaggi dei giocatori come fossero i protagonisti della storia e a giocare per scoprire cosa succederà. 

I giocatori imparano a giocare in maniera un po' più propositiva, a portare avanti tematiche legate al loro personaggio e capiscono che la buona riuscita di una giocata è anche nelle loro mani.

Il contributo dei pbta si sente anche in campo design, dove ha portato forse un po' più di consapevolezza, anche nelle grandi produzioni. Per stessa ammissione dei suoi creatori, l'ultima edizione del Fate (che personalmente adoro) deve tantissimo ad AW e ai pbta, e si vede, sia nella creazione della partita, sia nella strutturazione delle quattro azioni. Anche giochi molto più tradizionali come Numenera o 13th Age hanno delle influenze "apocalittiche". Il primo ha un GM che non tira mai i dadi, mentre il secondo ha fatto suo il concetto di fail forward. 

Ma la consapevolezza si vede anche in certi pbta; penso per esempio a Undying, Sagas of the Icelanders e Blades in the Dark, così peculiari e originali da differenziarsi molto anche rispetto al classico pbta (allontanandosi dai difetti che elencherò adesso). 

Influssi negativi


Oltre a influssi benefici, i pbta hanno anche portato in campo qualcosa di negativo. Come primissima cosa penso a una certa pigrizia di design. Qualcuno ha paragonato il motore pbta al vecchio d20, e facendo le dovute proporzioni e differenziazioni è un paragone che può calzare, in parte, perché come il d20 anche i pbta hanno in un certo senso appiattito il panorama ludico. 

I designer si buttano sui pbta perché il loro linguaggio ormai è codificato, ed è facile lavorarci sopra, così che si può parlare di pigrizia di design. Intendiamoci, i pbta richiedono comunque un lavoro lungo e minuzioso, ma non richiedono l'elaborazione di una nuova filosofia. Modificare qualcosa è più facile che crearla da zero. Forse non è corretto parlare di passi indietro nel design, ma di sicuro c'è meno attitudine al rischio. Perché tracciare nuove strade quando le vecchie funzionano così bene e hanno riscontri così buoni tra il pubblico?

Questo porta anche ad avere designer che non hanno bene assimilato la filosofia dei pbta, che creeranno giochi con mosse troppo meccaniche e a un approccio ancora più GMcentrico.  

Appiattire il panorama significa anche allevare giocatori che si adageranno più facilmente, abituati come sono a giochi simili nella struttura. Lo vedo in giro, giocatori che utilizzano solo pbta o che giocano ad altri giochi secondo lo schema e la mentalità dei pbta. Questo è forse il lascito più negativo.

Assieme a questo, i pbta hanno riportato in auge una certa pigrizia nei giocatori, che abituati al GM tendono a essere un po' meno proattivi e si disabituano alla narrazione fuori dallo schema delle mosse. Lo vedo quando gioco a gdr GMless, sia negli altri giocatori, sia in me stesso. Dato che gioco moltissimi pbta, faccio sinceramente fatica in giochi dove non c'è il GM che imposta le scene, fa succedere cose e mi interpella per sapere cosa voglio fare. 

Ultimo aspetto negativo, i pbta hanno praticamente infestato il mercato indie, e avendo un così alto riscontro di pubblico, è difficile per altri giochi, magari più innovativi o originali, farsi notare e dire la propria. Da un certo punto di vista, molto più in piccolo e in maniera molto meno marcata, sta succedendo con i pbta quello che è successo anni fa con i giochi che chiamiamo "tradizionali". Si sta affermando un linguaggio ludico ben codificato e di facile fruizione, e le voci fuori dal coro devono urlare ancora più forte per farsi sentire.

Si tratta di difetti che non sono propri del pbta, più che altro dei designer e della loro utenza, ma non di meno il motore pbta li alimenta. L'idea che un gioco sia fatto da meccaniche associate a un'ambientazione è ancora lunga a morire, e i pbta non fanno altro che perpetuarla, a discapito di quei pbta che invece hanno l'intento di seguire tipologie di storia ben precise (come fa AW). 

In conclusione

I pbta stanno caratterizzando gli anni '10 del 2000, e sono per ora uno dei movimenti ludici più interessanti e peculiari. Hanno fatto del bene al gdr? Di sicuro. Continueranno a farlo? Forse si, forse no. Sicuramente inizia a sentirsi il bisogno di qualcosa di nuovo, che possa in qualche modo riportare prepotentemente più varietà nel panorama indie più "mainstream". Il Fate è troppo simile ai pbta per essere un'alternativa davvero diversa; ci vuole invece qualcosa di peculiare, in grado allo stesso tempo in grado di impattare fortemente sul mercato.
Col rischio, poi, di ripetere tutto da capo.  

mercoledì 24 febbraio 2016

E se volessi giocare... Commedia Romantica?

Heilà, chi si rivede.
Questo è un articolo "speciale" della mia rubrica, dove analizzo una serie tv, un videogioco, un romanzo o un film per capirne la struttura narrativa, consiglio giochi esistenti per giocare la stessa tipologia di storie e suggerisco qualche idea per crearne uno da zero.

Gli articoli fino ad ora pubblicati li trovate qua

Si tratta di un articolo speciale perché in teoria doveva uscire per San Valentino, ma vari impegni mi hanno costretto a farlo slittare. Vorrei parlare di un tipo di fiction decisamente inusuale sia per questa rubrica (per ora abbiamo parlato di storie principalmente avventurose) sia nel campo dei giochi di ruolo: le storie d'amore. 

Avevo parecchie alternative, ma ho deciso di puntare tutto su un genere ampio e malleabile come la commedia romantica (chiamata anche commedia rosa o commedia sentimentale), ottima per via di elementi poco comuni nel mondo dei gdr. Da una parte eredita l'ironia e la comicità della commedia; dall'altra tratta di amore e sentimenti. Chiaramente, il genere è così ampio che bisogna decidere dove puntare, quindi ho deciso che parlerò di opere come quattro matrimoni e un funerale, Harry ti presento Sally, Jerry Maguire, Pretty WomanNotting Hill, c'è posta per te, come farsi lasciare in 10 giorni e tanti altri.
La famosissima scena dell'orgasmo da Harry ti presento Sally.
Indovinate un po', per l'angolo vintaggio non esiste niente di neanche lontanamente vicino al genere della commedia romantica. I giochi di ruolo hanno sempre parlato di battaglie, dungeon, draghi, astronavi o vampiri assetati di sangue, e non hanno mai preso in considerazione una cosa così poco nerd come le commedie romantiche. O almeno, quasi mai, e continuano a non farlo. Per info: io sono per i draghi, le astronavi e i vampri, tedenzialmente tutti assieme, ma ogni tanto è carino cambiare. 

Caratteristiche principali

Prima di gettarci nell'ideazione del GDR ideale, o nella scelta o modifica di uno potenzialmente indicato, è importante capire quali sono i punti salienti delle opere che vogliamo giocare. Quindi, quali sono le caratteristiche principali della commedia romantica?

Intanto vi lascio con questo pezzo sdolcinatissimo, che secondo me descrive bene il genere.



Lei, lui e l'amore solo alla fine
Nelle commedie romantiche i protagonisti principali sono tendenzialmente due, ossia i due che alla fine della storia si innamoreranno e formeranno una nuova coppia (e non è detto che siano di sesso opposto). Sono rare le commedie dove non sappiamo sin da subito che i due alla fine verranno colpiti dalla freccia di cupido, perché di solito il loro primo incontro è così clamoroso, adorabile, buffo o da colpo di fulmine che non ci possono essere dubbi.

Questa trovata, chiamata generalmente meet cute, prevede che due sconosciuti (la futura coppia di innamorati) si incontrino in maniera esplosiva, spesso con siparietti comici ed esilaranti. È abbastanza comune che la futura coppia presenti inizialmente caratteri totalmente contrapposti (magari lui è ateo e lei credente, o lui è un rozzo provincialotto e lei una snob in carriera) e un rifiuto reciproco, perché è da questo contrasto che poi nasceranno sviluppi interessanti. A volte saranno veri e propri frenemies, altre volte amici o persone che si rispettano, che però hanno già qualche relazione importante.

Per tutta la durata della vicenda i due si odieranno o per qualche motivo non potranno stare assieme, e la loro storia sembrerà arenarsi. Alla fine però uno dei due capirà i suoi sentimenti (o perdonerà l'altro) e, in una scena finale dal gusto patetico, rocambolesco e catartico, urlerà il suo amore ai quattro venti, magari bloccando qualche matrimonio o fermando all'ultimo qualche aereo pronto a partire. Gli esempi sono così tanti, esagerati  e famosi che non ci provo nemmeno, sicuramente avrete già in mente qualche scena simile.


Equivoci, scambi, follie
L'inizio e la fine della storia racchiudono uno svolgimento fatto di intermezzi comici più o meno marcati, dove vengono utilizzati tutti gli espedienti della commedia ironica, a volte demenziale. È tutto un susseguirsi di personaggi improbabili, situazioni paradossali e imbarazzanti, equivoci, scambi di persona, piani strampalati che falliranno miseramente. 

Solitamente questi imprevisti assurdi serviranno come pretesto per dividere e allontanare la coppia destinata infine a stare assieme. Si tratta quasi sempre di sabotaggi inconsapevoli e dettati dal caso, ma non di meno efficaci. 

Parte tutto da una o due storyline principali, spesso basate su premesse alquanto strampalate e insolite (anzi, più sono strampalate e insolite e meglio è): come il caporedattore che chiede alla giornalista di scrivere un articolo su come farsi lasciare in 10 giorni, o come lui che incontra lei per caso a quattro matrimoni e un funerale. Tutte queste scenette sono una scusa irresistibile per far confrontare la futura coppia, vederli litigare, andare a letto per poi pentirsene, vederli morire d'invidia quando uno dei due bacia un altro/altra. Ma queste storyline sono anche una fucina inesauribile di gag assurde e fuori di testa, ed è per questo che devono partire da premesse inconsuete e tendenzialmente buffe. 

C'è un certo schema: i due protagonisti si incontrano (o reincontrano) per caso secondo il modello del meet cute, poi rimarranno in contatto per via di affari o contingenze assurde e improbabili. Secondo me se ci pensate un po' qualcosa verrà in mente anche a voi. Io provo a sparare la prima cosa assurda che mi viene in mente: Tizio e Tizia si incontrano durante un convegno che parla di rapimenti alieni: lui è un giornalista, scettico a oltranza; lei è convinta di essere stata rapita. Lui la intervista e scrive un articolo dove mette alla berlina lei e tutto il convegno. Vi sembra un inizio entusiasmante?  

Comprimari esilaranti
Ho detto che la storia parte da premesse esilaranti, quindi ha bisogno di un ambiente assurdo, popolato da personaggi assurdi a loro volta. Di questi ne esistono due tipi: ci sono gli amici della coppia, quelli che proveranno in qualche modo a favorire la loro unione, e ci sono i nemici della coppia, quelli che consciamente o inconsciamente agiranno per separarli. 

I primi sono solitamente i personaggi più comici e variopinti, e tendenzialmente sono gli amici intimi di uno dei due protagonisti (quello dei due con più screentime e quello attraverso cui seguiamo tutte le vicende). Agiscono per far conoscere la coppia e per permettere che alla fine stiano assieme, e possono farlo sia volutamente sia in maniera inconscia. Potrebbero avere i loro problemi e mettere in mezzo uno dei protagonisti.

I nemici della coppia spesso non sono nemici veri e propri, anche se quelli non mancano, ma sono quei personaggi che hanno interesse che i due non si mettano mai assieme. Potrebbero essere rivali in amore, genitori, datori di lavoro o anche figure autoritarie. A volte capita siano personaggi simpatici, positivi; la loro sfortuna è solo essersi messi contro il destino (per esempio ne "il diario di Bridget Jones"). Quando invece questo genere di personaggio non c'è, allora sono il caso e la sfortuna ad agire contro i protagonisti. Per esempio: lei non sperava più in quella promozione, la riceve solo ora che ha deciso di stare con lui. Ma c'è un piccolo problema: deve trasferirsi dall'altra parte della nazione. Cosa deciderà? 

Cosa dovrebbe avere un gioco ideato da zero

Facile: tanto amore. Ok, no, non basta. Mi tocca fare un discorso coerente. Uhm...

Prima di tutto, un gioco come questo dovrebbe gestire in maniera egregia la presenza di solo due protagonisti principali. Ci sono diversi modi per farlo; per esempio avere solo due giocatori e nessun GM, o un giocatore che gestisce gli imprevisti e due giocatori che utilizzano i protagonisti. Questi sono i primi due esempi che mi sono venuti in mente.

Dopo aver deciso il ruolo dei giocatori al tavolo, roba essenziale di per se, ma ancora di più in questo contesto, è importante gestire la creazione dei personaggi e il loro contesto. Quest'ultimo deve essere esagerato e folle, e focalizzarsi su qualche ambiente fuori dall'ordinario o su qualche forte contrasto. Su questa scelta iniziale si dovranno delineare un contesto iniziale molto caratteristico, magari un convegno di fumetti, un funerale, un safari, è inserirvi due protagonisti che si incontrano per la prima volta in quel contesto.

I due futuri amanti dovrebbero venire costruiti in maniera semplice, magari con una serie di tratti modificabili lungo il corso della storia. Per prima cosa, i due devono avere qualcosa che li metta in evidente contrasto, tipo uno povero e l'altra ricca, uno di destra e l'altra di sinistra. Un'idea molto simpatica potrebbe essere di dare dei tratti in base a come i personaggi si vedono l'un l'altro. Tipo: "lei pensa di me che io sono...".

Potremmo decidere che in base alle scene giocate questi tratti vengano modificati in positivo o negativo, avvicinando sempre di più la coppia al momento del fatidico "ti amo".

Le scene, chiaramente, hanno bisogno di un livello di conflitto molto basso. Mi piace la gestione che ne fa "avventure in prima serata", e secondo me è su quel livello di dettaglio che dovremmo andare a parare. Un conflitto a scena, molto libero, che però sia legato allo sviluppo dei personaggi e della storia. Sappiamo già che i protagonisti si metteranno assieme, quindi dobbiamo giocare sul rendere imprevedibile tutto il resto. In questo contesto non conta tanto la meta, quanto il percorso.

E il percorso deve essere comico, irresistibile e pieno di trovate assurde. Per farlo dovremmo creare delle scene basate su grossi contrasti, ma potremmo pensare a degli strumenti che permettano ai giocatori di mettere da parte bonus (come dadi da aggiungere a un'eventuale pool) se inseriscono elementi ironici o assurdi.

In tutto questo, dovremmo anche pensare alle forze che agiranno per dividere i protagonisti. Mi piace l'idea di assegnare a ogni protagonista un antagonista, che sia una singola persona, un gruppo, un animale o il destino stesso; Questi agirebbe sempre attivamente, anche quando non presente in scena, per far fallire il personaggio a cui è legato. Potremmo pensare a una specie di pool "malvagia" che renderà difficile la vita della futura coppia.

Alla fine, gli amanti si allontaneranno. Questo è il momento, per uno dei due (da decidere in base a quale meccanica), di reclamare il finale e quindi di urlare il proprio amore nella maniera più assurda e coreografica possibile.

Quali giochi usare o adattare

Siamo troppo pigri o non abbiamo il tempo per costruirci un gioco tutto da zero? Niente paura, di seguito vi propongo qualche titolo abbastanza azzeccato, che potrete usare al naturale o dopo una serie di modifiche. Come vedete non c'è molto in giro e, specialmente, non c'è molto che sia davvero tematico e anche divertente (nel senso più comico e irriverente del termine).


Breaking the Ice (lo trovate qui)
Pubblicato l'anno scorso nella collezione "giochi d'amore" di Emily Care Boss, Breaking the Ice è abbastanza affine ai nostri scopi, anche se data la sua natura potrebbe far storcere il naso a qualcuno. Parla infatti di tre appuntamenti di una futura coppia, ma lo fa invertendo i ruoli di genere: gli uomini dovranno giocare le donne, le donne dovranno giocare gli uomini. Da una parte questo aiuterebbe a ottenere un certo effetto "assurdo", e a noi sta bene, ma specialmente, l'idea è di vestire i panni dell'altro per capire i suoi problemi e i suoi desideri. A me personalmente questo intento "antisessista" non disturba affatto, e anzi sembra molto interessante, ma io sono io e magari voi troverete l'artificio troppo brutto per i vostri gusti.
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Fiasco (lo trovate qui)
Fiasco potrebbe sembrare un gioco poco adeguato. In effetti parla di brucianti desideri che finiscono in tragicommedia, un po' in stile fratelli Coen, e quindi si potrebbe pensare che sia un consiglio del menga. In realtà il gioco è più appropriato di quel che si pensa, perché la sua struttura praticamente freeform, coadiuvata però da elementi (in fase di creazione) che ne potenziano il lato assurdo,  dovrebbe aiutare non poco ad ottenere una storia in stile commedia romantica.

Chiaramente servirebbe un playset ideato ad hoc, ma niente paura, perché c'è chi ci ha già pensato per noi. Qua trovate un playset a tema commedia romantica fatto bene e secondo me potenzialmente esplosivo.
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Avventure in Prima Serata (lo trovate qui)
Ok, questo probabilmente è il consiglio più banale di tutti, ma se ci pensate esistono anche serie tv di genere commedia romantica e Avventure in Prima Serata ci aiuterebbe a ricrearne lo stile. Chiaramente, in questo contesto i problemi dei personaggi dovranno essere seriosi ma calati in un contesto esagerato. Per il resto, mi sembra il gioco sia abbastanza adeguato già in versione vanilla, l'unica cosa che vi richiede è una certa conoscenza del genere (ma se seguite questo articolo non dovreste avere troppi problemi).

Cosa ne pensate?

Chiudendo l'articolo, voi cosa ne pensate? Cosa dovrebbe avere un gioco di genere commedia romantica per essere davvero efficace? Come creereste un gioco tematico? Quale gioco esistente, anche diverso da quelli proposti, usereste? Fatemelo sapere nei commenti.

giovedì 18 febbraio 2016

Perché dovreste giocare a Worlds in Peril almeno una volta

Se seguite questo mio umile e noiosissimo blog saprete che il sottoscritto è un fan sfegatato dei gdr sui supereroi. Mi piace giocarli, mi piace parlarne e mi piace seguire lo sviluppo di nuovi titoli. 

Di recente sono venuti fuori due giochi (a mio parere entrambi ben fatti) a tema supereroi ed entrambi con il motore del Il Mondo dell'Apocalisse (powered by the apocalypse, pbta). Il primo è Worlds in Peril, scritto da Kyle Simons, Adam Bosarge e Jason Faulk e già pubblicato ufficialmente (lo potete comprare da qui); il secondo è Masks, scritto da Brendan G. Conway e ancora in lavorazione (il kickstarter è finito da pochissimo).

I due giochi, nonostante condividano lo stesso motore di base, sono focalizzati su storie e temi diversi. Se Masks ha velocemente e meritatamente trovato parecchi consensi per via del suo tema particolare (parla di eroi adolescenti che devono trovare il loro posto nel mondo e si ispira a opere come Teen Titans, Young Justice, Young Avengers, Runaways), Worlds in Peril è stato fino ad oggi, almeno in campo italiano, abbastanza ignorato, e secondo me ingiustamente.

Questo articolo vuole suscitare un po' di curiosità sul gioco. Non vuole essere una vera recensione, perché ho giocato troppo poco a Worlds in Peril per scriverne una davvero completa; è un articolo che vuole solleticarvi il palato e spronarvi a dare una chance a un titolo che secondo me meriterebbe più attenzioni.

Intanto, è importante dire che Worlds in Peril parla di supereroi in una maniera che può inizialmente apparire generica, ma in realtà si focalizza su storie di gruppi di eroi metropolitani dai poteri disparati, con un tono molto devoto a quello dei moderni fumetti Marvel/DC e dei film Marvel come the Avengers. A mio parere lo fa benissimo. 

Di seguito vi elenco sei punti che secondo me rendono il gioco davvero interessante e degno di essere provato.

I poteri sono gestiti intelligentemente

La gestione dei poteri di Worlds in Peril (da qui in poi WiP) è così particolare che all'inizio spaventa. Non ha niente a che fare con giochi come Mutants & Masterminds, dove esistono liste su liste di poteri ognuno con regolette dedicate, ma appare comunque un sistema ingombrante e minaccioso. In realtà non solo non lo è, ma è anche un sistema figo, ed è una cosa che si capisce per gradi.

Jonathan Rector
Ogni personaggio ha un semplice elenco di poteri, giusto per segnalare tutte le cose che sa fare; sia poteri veri e propri, come la superforza o il volo; sia gadget ed equip speciali, come la batmobile o il martello di Thor, chiamati "vantaggi"; sia abilità e addestramenti particolari, come arti marziali o abilità da spia. Da manuale, tutti questi poteri devono essere connessi a un concetto base. Per esempio: la Cosa ha la pelle dura come la roccia e una forza sovrumana, quindi tutti i suoi poteri saranno collegati a questo concept di base. Una volta elencati in maniera molto semplice i poteri, senza scendere nei dettagli (per esempio, se stessimo creando una specie di Batman basterebbe scrivere "gadget tecnologici", senza elencarli uno per uno), non rimane che inserirli nel "power profile".

Il power profile non è altro che un sistema per regolamentare la narrazione dei poteri. Ogni giocatore deve organizzare i poteri catalogandoli come facili, difficili, estremi, ecc. Per esempio, per un personaggio come la Cosa è facile "sollevare decine di tonnellate", mentre è difficile "sollevare centinaia di tonnellate"; per un personaggio come Batman è facile "oltrepassare semplici misure di sicurezza senza farsi notare". Davvero, non serve scrivere altro. I poteri da inserire in queste categorie sono numericamente contati, ma possono aumentare in determinati modi (tipo le limitazioni e le debolezze, che ora non ci interessano), persino inserendoli in gioco con l'apposita mossa (Push). Se siete curiosi, qui trovate le schede dei personaggi esempio del manuale, mentre qui le schede degli x-men più famosi (create da Kyle Simons). 

I poteri, in WiP, non sono che fictional positioning, ossia dicono cosa il personaggio può fare nella fiction, ossia in game, nella narrazione, e anche quanto è difficile e complicato per lui farlo. Danno al giocatore facoltà di narrare certe azioni piuttosto che altre (e quindi attivare certe mosse che altrimenti non potrebbe usare) e informano il master in mondo che possa prendere le misure e sapere come gestire certi poteri. Cito dal manuale (a pagina 32): 
Another important thing to note is that certain powers may allow for moves being triggered when they normally would not be. In this way, powers are also justification for doing things in the fiction that normally could not be done, and so some moves might be triggered by some players and not others depending on the situation.
Come ho scritto in altri articoli (qui e qui), questo è esattamente il modo migliore per ottenere le stesse situazioni e lo stesso feeling dei fumetti e dei film supereroistici. Per esempio, poniamo che il gruppo di eroi fronteggi un nemico come Abominio, dotato degli stessi poteri di Hulk. Un personaggio come Capitan America non potrebbe mai danneggiarlo con semplici pugni, e quindi il suo giocatore non potrebbe attivare la mossa Take Down; potrebbe attivarla se si ingegnasse in modo da fargli cadere addosso qualcosa di molto pesante, o sfruttando i suoi punti deboli. Il giocatore di Hulk, invece, non avrebbe problemi: picchiare Abominio a manate attiverebbe la mossa Take Down, perché Hulk ha la forza sufficiente a ferire il suo nemico. 

Per fare un altro esempio, Capitan America potrebbe utilizzare il suo scudo per proteggere dei civili dall'imminente esplosione di una bomba a mano, e attivare così la mossa Serve and Protect; Spider-Man avrebbe seri problemi a farlo, dovrebbe agire diversamente se vuole proteggere gli innocenti, magari spostando la bomba con la sua ragnatela (oppure facendo da scudo umano, che non è proprio un'idea priva di pericoli). Un personaggio come la Torcia Umana potrebbe assorbire l'esplosione senza problemi e probabilmente non attiverebbe nessuna mossa: lo farebbe e basta. Il Power Profile serve proprio a rendere chiare tutte queste evenienze.

Inoltre, una simile gestione dei poteri permette di avere personaggi con valori di potenza totalmente diversi, ma senza alcuno squilibrio. Qui Thor può combattere tranquillamente al fianco di Capitan America (proprio come negli Avengers), o Superman combattere al fianco di Batman (proprio come nella Justice League), e i giocatori di entrambi i personaggi avranno le stesse possibilità di impattare sul gioco. Quelli che contano non sono gli elementi quantitativi, ma quelli descrittivi. 
Jonathan Rector

Le mosse e il sistema dei danni sono fighi

Come da titolo, le mosse del gioco sono ben scritte, non solo perché spiegate benissimo nel manuale (penso che sia il gioco pbta con le mosse spiegate meglio e con più esempi), ma anche perché si sposano perfettamente con il tono e i propositi del gioco. Ora, sarebbe assurdo elencarle e spiegarle una per una, ma posso parlarvi di quelle che mi sono piaciute sin da subito. 

Per esempio, parlarvi della mossa Take Down mi permetterebbe anche di parlarvi del sistema di danni. La mossa Take Down recita:
Whenever you attempt to subdue an immediate threat, say how you do it and roll. The EIC will tell you wich stat to add to the roll. On a 10+, choose 3. On a 7-9, choose 2:

  • Impose a Condition (choose once for a Minor, twice for Moderate, three times for Critical).
  • Take away an Advantage (choose twice).
  • Force a change of location (choose once and the EIC picks where they go, choose twice and you do).
  • Reduce the size of a mob by 1.
  • Take no harm in the doing.
Jonathan Rector
Come vedete è molto "giocosa", e si attiva solamente quando agite attivamente per contenere e/o assoggettare una minaccia immediata. Notare intanto l'attivazione, più elegante e sensata di quanto possa apparire in un primo momento: la minaccia deve essere immediata, vuol dire che la mossa non si attiva se picchiate un qualsiasi sospetto a caso, ma solo se picchiate qualcuno che è davvero una minaccia, esattamente come dovrebbe fare un vero supereroe! Certo, l'azione in gioco avvarrebbe comunque, ma la mossa non si attiverebbe. 

Un'altra cosa figa da notare è che la mossa non parla in nessun modo di attaccare o picchiare; sono cose che potete fare, ma la mossa si attiva quando "contenete e/o soggiogate un'immediata minaccia", e potete farlo in tanti modi: parlando, usando poteri telepatici, mentendo, usando tattiche e trucchetti, con la violenza, ecc. 

Mettete caso che ci sia un supertizio impazzito che, per vendicarsi di un bruciante licenziamento e di anni di angherie e ingiustizie, stia per buttare giù dal 40° piano il suo ex datore di lavoro. Voi siete Superman, e pensate che in fondo questo supertizio sia anche una vittima e non volete fargli del male, a meno che non sia necessario. Provate quindi a parlargli, a convincerlo che quello che fa è sbagliato: se butta di sotto il suo ex capo il senso di colpa lo tormenterebbe per sempre e diventerebbe un mostro a sua volta. State cercando di contenere e/o soggiogare una minaccia immediata, quindi state attivando la mossa Take Down, probabilmente su Influence.

Perché questa mossa è perfetta per evenienze così disparate, come quella sopra descritta e una scazzottata? Non lo sarebbe se il gioco non gestisse i danni tramite condizioni, ossa brevi frasi narrative che descrivono uno status o, appunto, una condizione. Ci sono quelle minori, per piccoli danni che guariscono in fretta, come lo stordimento; quelle moderate, per cose un po' più gravi che richiedono tempo, come un taglio; quelle critiche, per danni seri come una gamba rotta o peggio. Chiaramente le condizioni possono benissimo essere emotive e/o sociali, ed è per questo che si prestano a un sacco di situazioni. A mio avviso questa è la meccanica ideale in un contesto supereroistico, perché rende a 360° tutte le eventualità tipiche di questo genere. 

Ovviamente, anche le condizioni funzionano secondo il criterio del fictional positioning, esattamente come i poteri. Quindi, se siete l'Uomo Ragno e avete "entrambe le braccia rotte", la vedo dura lanciare ragnatele; se siete Black Canary e siete "intrappolati sotto una pila di mattoni", muoversi sarà un vero problema. Se siete Wolverine e vi trivellano di pallottole, in poco tempo sarete come nuovi, ma non avrete nessun vantaggio contro condizioni che non siano danni fisici. 

Un'altra mossa davvero figa è la mossa Fit In:
Whenever you have downtime and try to get back to your "normal" life in order to mend or create one of your Bonds, decide wich Bond you want to focus on and roll+Bond. On a 10+, remove a number of Conditions equal to your Bond with that person and then raise your Bond with them by 1 after doing so. On a 7-9, as a 10+ result but you have to deal with danger threatening your mundane life with the Bond involved. Begin framing and playing out the scene as usual, the EIC will jump in and add danger whn they so choose. 
È una mossa che ricrea perfettamente i tipici momenti dei fumetti, quando l'eroe sveste il costume e torna a casa sua a leccarsi le ferite, oppure quando segue le sue attività mondane (come la scuola o il lavoro). Da notare che è anche l'unico modo efficace per curare le condizioni, e ricrea perfettamente momenti come questo (e relativa intera puntata. Daredevil spoiler alert) o questo (Amazing Spider-Man spoiler alert). È forse la mossa che preferisco in tutto il gioco.

Bene o male le mosse sono tutte ben scritte e tematiche, e si vede che gli autori hanno capito a fondo come funziona il motore di Apocalypse World e qual è la filosofia dietro ad esso. Questo non si può dire di tutti i pbta fin'ora usciti, anzi, la maggior parte sembrano aver travisato la vera natura delle mosse.
Jonathan Rector

Bruciare i legami

Abbiamo parlato dei legami. Ecco, il gioco ha una meccanica fighissima, che è quella dei Legami (Bond). Potrebbe ricordare quella di Dungeon World, ma in realtà ha un impatto molto maggiore ed è inserita in maniera molto tematica con il genere.

I legami possono essere sia con gli altri pg, sia con qualsiasi png (parenti, amori, amici, conoscenti), persino gruppi o associazioni, tanto che il gioco obbliga di base ad avere legami con le forze dell'ordine e la città. Ogni legame ha un valore numerico, positivo o negativo. Un valore positivo significa ottimi rapporti, un valore pari a zero significa rapporti inesistenti, un valore negativo brutti rapporti. 

Si tratta di valori in continuo mutamente, e questo grazie a una meccanica che si chiama "bruciare un legame". Ci sono momenti in cui una situazione è così tesa o difficile che fallire un tiro significherebbe perdere tutto o mandare le cose ancora più in vacca, e non ce lo si può permettere. Per evitarlo possiamo decidere di bruciare un Legame, ossia abbassare il suo valore di 1, in modo da aumentare il risultato di una soglia di successo (un 6- diventa un 7-9; un 7-9 diventa un 10+; un 10+ diventa un 12+). Questo però, in qualche modo che spetta al giocatore specificare, peggiora i rapporti con quel legame. Per esempio, la scazzottata con l'Avvoltoio vi obbliga a dare buca a Mary-Jane, che avevate invitato a cena quella sera stessa. Non ne sarà felice.

Questa meccanica è potentissima, perché ricrea alla perfezione molti momenti salienti della vita dei Supereroi. Se avete presente serie tv come Daredevil, ma anche the Flash o Arrow, gli eroi bruciano Legami di continuo. Per non parlare dei fumetti, dove avviene spessissimo. La serie di Spider-Man è un continuo bruciare Legami. Per riacquistarli esiste la mossa Fit In (in realtà non solo, altre mosse fanno aumentare i Legami), di cui abbiamo parlato prima. Fate 2+2 e poi ditemi che non si tratta di regole che concertano divinamente.

Chiaramente, in maniera descrittiva, i Legami possono aumentare o diminuire in base a quello che succede in gioco. Se un Legame si deteriora in maniera naturale in base alla giocata, allora va abbassato, e viceversa. 
Jonathan Rector

I libretti parlano di temi, non di competenze

Avete mai sfogliato il manuale di Mutant & Masterminds? Io sì, e quando vi spiega come creare il vostro eroe vi dà un elenco di "archetipi" in base ai poteri, che è il tipo di catalogazione più comune sul tema dei supereroi. Quindi abbiamo il paragon, che è un supertizio alla superman, poi il controllore energetico, l'artista marziale, il gadgeter e così via.

WiP lascia perdere totalmente una catalogazione di questo tipo e si focalizza su "archetipi" tematici, che parlano di temi ben precisi. Abbiamo dunque due tipi di libretti: le Origini (Origins) e le Guide (Drive).

Le origini non sono tanto il motivo per cui il personaggio ha ottenuto i poteri, ma il motivo per cui è diventato un supereroe, e cosa lo caratterizza come tale. Sono tematiche prese di peso dai fumetti, ed è facile riconoscervi i supereroi famosi. L'origine "una Morte in Famiglia" (a Death in the Family) dice che il personaggio ha perso qualcuno di caro e questa morte ha segnato una svolta nella sua vita; è l'origine di Batman e del Punitore. L'origine "Sono uno Scherzo della Natura" (I'm a Freak) dice che il personaggio è nato diverso, o lo è diventato a un certo punto della sua vita, e ora non si riconosce più come un essere umano normale; sia gli X-Men che la Cosa ricadono in questa origine.

Le origini sono davvero tutte molto belle, da "le mie Origini Aliene" a "la mia Eredità", e ognuna dona delle mosse tematiche e impone ai giocatori delle domande alle quali dovranno rispondere. Per esempio: "sono temuto e mi sento di non appartenere a questa società, perché"... e la risposta potrebbe essere: perché il mio corpo è enorme, deforme e ricoperto di pietra arancione (la Cosa). È ovvio come ogni libretto aiuti ad avere personaggi in linea con il genere supereroistico, e questa è una cosa che adoro. 

Abbiamo anche parlato di un libretto Guida (Drive). Questo è molto particolare, perché inizialmente risulta chiuso e le sue mosse andranno sbloccate mano a mano. Si tratta delle motivazioni dell'eroe, quello che lo sprona a combattere il crimine e a vestire il costume. Questi libretti sono cose come: "provare quanto valgo", "redimermi", "ispirare", "fare giustizia", "spingere la scienza oltre i confini" e così via. Le mosse del Drive, come ho detto, andranno sbloccate giocando, dato che ognuna ha un attivatore in fiction che vi rende la mossa disponibile. Per esempio: "comprometti la tua morale o dottrina per aiutare qualcuno di molto importante per te".

Sbloccare queste mosse significa esplorare quel libretto, quindi esplorare la tematica che esso contiene, ed è anche l'unico modo per ottenere "punti esperienza". La scelta del Drive non è che una flag, un modo per dire al GM quale tema vi interessa e cosa volete vedere in gioco, e anche questo mi piace molto. 
Jonathan Rector

L'Editor in Chief e i supercattivi 

Jonathan Rector
Se c'è una cosa che ho apprezzato molto è la costruzione dei super villains, fondamentali in ogni storia supereroistica che si rispetti. Un cattivo debole può mandare tutto in fumo, e il gioco aiuta il GM (che qui si chiama Editor in Chief, EiC) a dare vita a dei cattivi credibili, simpatetici e pericolosi. 

Esistono diverse tipologie di cattivo. I mob, ossia le mezze calzette che solitamente i supereroi fanno fuori a flotte (e che infatti vengono gestiti come un unico png composto da tanti png, così che un colpo ne faccia fuori 2, 3, 5 alla volta). I punching bag, cattivi di second'ordine il cui scopo è impegnare per uno scontro e prendere schiaffi. Gli heavy hitter, villains di tutto rispetto con poteri fighi e motivazioni interessanti. I mastermind, i veri cattivoni, ossia i pezzi da 90, coloro che si celano dietro il piano malvagio che gli eroi dovranno affrontare.

Chiaramente, anche i poteri dei cattivoni vengono gestiti in maniera simile a quelli degli eroi (fictional positioning e leverage), ma in più l'EiC ha uno strumento, chiamato piano malvagio, praticamente un arco narrativo, che lo aiuta a portare avanti i piani dei cattivi e rendere difficile la vita dei personaggi. Se conoscete Dungeon World, bene, sono i fronti, che qui aiutano a dare vita a serie di circostanze molto in tema con il genere dei supereroi. 

Proprio come in DW e altri pbta, anche qui l'EiC ha la sua agenda, i suoi principi e le sue mosse. L'agenda contiene regole come: descrivi la situazione, segui le regole, fai le mosse, costruisci sulla tua preparazione, ritrai un modo da fumetto, riempi le vite dei personaggi con azione e avventura, gioca per scoprire cosa succederà, spingi i giocatori a raccontare le loro storie. I principi sono cose come: dai vita a ogni nemico, fai domande e usa le risposte, inizia e finisci con la fiction, ecc.

Le mosse invece sono il modo che ha l'EiC di impattare sulla fiction (la narrazione), cose come: rivela una verità spiacevole, infliggi la condizione appropriata, usa le loro risorse, separali, metti in pericolo un segreto, metti qualcuno sotto i riflettori. Le mosse sono di due tipi, morbide e dure. Le prime possono essere usate sempre, e sono azioni che stanno per accadere e che accadranno se i giocatori non fanno qualcosa (tipo: «Dottor Destino alza il suo guanto e vedi che sta per lanciarti addosso un raggio verdastro. Cosa fai?»). Le mosse dure invece sono cose che accadono senza appello, e l'EiC può inserirle sfruttando un fallimento dei giocatori (6 o meno ai dadi) o quando i giocatori ignorano una mossa morbida. Per esempio: «il raggio del Dottor Destino ti prende in pieno e ti scaraventa dall'altro lato della stanza. Impatti contro il muro, creando un piccolo cratere. Ti becchi la condizione moderata: "lividi ovunque".»

Come potete notare, in WiP il GM ha regole precise da seguire, e nonostante abbia un enorme potere, specialmente sulla gestione delle condizioni, questo è incanalato dai principi e dalle mosse. Inoltre, e quasi dimenticavo di dirlo, l'EiC non tira mai dadi. 

Un'altra interessante cosa che dovrebbe fare l'EiC è fare domande ai giocatori, in modo da costruire sulle loro risposte. È così importante che il manuale, come ha fatto notare il mio amico Daniele, consiglia addirittura pratiche come questa (da pagina 156):
When players ask questions pay attention. If the questions are about the rules and the game system then answer them. If the questions are about the setting, tone and feel of the world and the agencies in them turn the question around and put it to the players. Make sure this is the world they want to play in — have them create the details they need before getting started. Collaborate with the players, if you have ideas in mind for future important characters like the mayor of the city, government officials, an agency that polices heroes or the chief of police then maybe talk about it and ask them what they think of these characters. Be careful not to get too detailed though — if anyone asks whether there is or isn’t something in the setting and fiction, think hard before saying no. Instead, “Not yet” is a great answer; a comic book world is neve static and you never know when you might need a new element to play with. Better yet, ask them what they think and how it might fit into the fiction!
Jonathan Rector

Azione cinematografica


Ultimo punto che secondo me rende WiP un gioco interessante è l'azione. Se siete abituati a giochi in stile D&D, saprete che i combattimenti vengono gestiti con turnazione, tiri per colpire e una serie di azioni meccaniche, tanto che a volte si utilizza una griglia di battaglia. 

WiP non ha nulla di tutto questo. Vi ho detto che i poteri sono puramente fiction, che il GM non tira mai dadi e che le mosse si attivano quando i giocatori fanno qualcosa che vale come attivazione di quella mossa. Aggiungo che non ci sono turni. Questo porta ad avere momenti action fluidissimi, molto cinematografici (o meglio, fumettosi), dove non contano round al secondo o i tiri per colpire, ma le azioni dei giocatori e le reazioni del GM. È tutto un susseguirsi di raggi laser, palazzi che crollano, nemici che fuggono, aerei che precipitano e così via. 

Avete presente il combattimento finale di the Avengers? Con WiP ottenete una cosa simile direttamente in gioco, momento dopo momento, mossa dopo mossa, e in maniera semplicissima, praticamente automatica. Si può dire che è impossibile non ottenerla. Secondo me questo è uno dei più grandi pregi del gioco, perché invece di focalizzarsi su aspetti matematici, su turnazione e build, dà ai giocatori l'ebrezza di un'azione libera, appassionata, coreografica.
Jonathan Rector




In conclusione


Era da molto che non scrivevo un articolo così lungo, e me ne scuso, ma avrete capito che WiP è un gioco davvero interessante, con un sacco di elementi che meritano parecchio.

Chiaramente non è tutto oro quel che luccica, ha anche lui i suoi difetti, per esempio una difficoltà di apprendimento medio-alta che lo rende un gioco poco adatto ai neofiti (a meno che non ci sia qualcuno che conosce il gioco davvero bene), un manuale poco chiaro in alcune parti e forse una certa lentezza eccessiva per quanto riguarda l'avanzamento dei personaggi. In generale però è un gioco molto valido, che secondo me meriterebbe molta più attenzione.

Vi ho solleticato un po' di curiosità?

lunedì 15 febbraio 2016

Il problema di chiamarsi "Gioco di Ruolo"

Che diavolo è un gioco di ruolo?
«Beh,» risponde Tizio, giocatore di vecchia data molto appassionato, «è un gioco di gruppo dove ci sono dei giocatori che interpretano un ruolo e un master/narratore che fa vivere loro una storia. Storia che deve dipanarsi su più sessioni, tante sessioni, e che deve avere regole precise e misurabili».
Ma se accetti questa definizione lasci fuori un sacco di giochi che non seguono questo schema.
«Infatti quelli non sono giochi di ruolo», risponde sagacemente Tizio.
E allora cosa sono?

Du-DUN! Colpo di scena, le luci si accendono.

Il gioco "tradizionale"

Il problema nasce da un fatto inossidabile: il gioco di ruolo è rimasto per quasi 30 anni molto simile a se stesso. Parliamo ovviamente di quello che in Italia chiamiamo, in maniera molto grossolana (e su questo termine dovrò scrivere qualcosa prima o poi), gioco tradizionale, e che alcuni identificano come l'unico modo di intendere il gdr. Questa non è una polemica, perché mi sto limitando a descrivere i fatti e la storia del gdr. 

Il tradizionale è un gioco che richiede un gruppo di 3-6 persone (raramente di più), tra cui un giocatore interpreterà il ruolo del master, che narrerà una storia, e tutti gli altri vestiranno i panni di un personaggio, che vivrà quella storia. Il grosso delle regole scritte sul manuale gestisce elementi matematici per la fiction (il SIS, lo spazio immaginato condiviso), in maniera apparentemente oggettiva (quelli che qualcuno chiama elementi intradiegetici), in modo da sapere quanti danni fa una pistola, quanto è dura una porta e quanti danni ti becchi se cadi da 15 metri. Le regole per il ruolo dei giocatori invece sono accennate o suggerite, perché si dà per scontato che si userà il seguente schema (che a volte viene esplicitato):
Il master dice cosa i personaggi vedono, sentono, percepiscono. I giocatori dicono al master cosa vogliono fare i personaggi, il master gli dice che cosa devono fare per provarci (tirare dadi, scegliere carte, parlare in character, spendere punti – il metodo usato volta per volta è a discrezione del master, anche se diversi manuali consigliano sistemi diversi), e poi una volta che lo fanno gli dice se ci riescono o meno, narra cosa succede e descrive le conseguenze.
Inoltre, questo tipo di gioco dà enorme importanza al color, ossia al contesto in cui si muovono le vicende raccontate, senza però mettere paletti sul tipo di storie da giocare (tranne qualche raro caso), ed enorme importanza anche al tipo di dadi e di "numeri" utilizzati, come il d20 piuttosto che il d10 o il d100, o le carte invece che la morra cinese. 

Questo è stato, per più di 25 anni, il gioco di ruolo, rimasto praticamente immutato. Certo, ci sono state rivoluzioni nella forma più esteriore (come l'inserimento dei punti fortuna o l'abbandono delle classi o la creazione dei pg con punti creazione), ma il grosso delle meccaniche è rimasta invariata. 

Le cose sono cambiate radicalmente quando sono arrivati nuovi giochi, realmente differenti, così diversi che moltissimi hanno faticato a riconoscerli come giochi di ruolo. Erano qualcosa di mai visto, ed è normale che molti ne siano rimasti sconvolti. Da una parte qualcuno ha gridato al miracolo, dall'altra qualcun'altro è rimasto sospettoso, atteggiamento assolutamente normale se pensiamo al contesto. Per 30 anni il gioco di ruolo è stato quella cosa li, sicura, certa, stabile, poi arrivano giochi strani e nuovi che rompono gli schemi, creano confusione, e riconoscerli come giochi di ruolo diventa difficile. 
Non riesco a trovare l'autore di quest'immagine fantastica. Qualcuno lo può cercare?

I giochi da tavolo

Per spiegarmi meglio mi tocca fare un esempio con i giochi tabletop, ossia i giochi da tavolo. Qui abbiamo un sacco di generi e sottogeneri, ma la loro diversità è inclusiva (sono tutti giochi tabletop), non esclusiva. Lo stesso vale per i videogiochi: Super Mario, Final Fantasy, The Wolf Among Us e Call of Duty sono diversissimi tra loro, le loro meccaniche sono davvero agli antipodi, eppure sono tutti videogiochi. La storia del gdr invece è anomala, ed è facile accorgersene facendo qualche dimostrazione per assurdo.

Ipotiziamo che la storia dei giochi da tavolo fosse identica a quella dei gdr è che tutto partisse da Risiko. Tutti i giochi nati da quel momento in poi hanno tenuto il grosso delle meccaniche di Risiko, modificando solo il tipo di dadi e di numeri e cambiando il contesto. E così, il gioco Α non parla di eserciti che conquistano nazioni, ma di demoni che vogliono impadronirsi delle anime dei mortali, e non usa i dadi, ma i tarocchi. Il gioco B parla di comunità post-apocalittiche in lotta per il controllo delle poche risorse rimaste e usa un pool di dadi. Sono giochi diversi (innegabile), ma sono la stessa tipologia di gioco, e i giocatori al tavolo fanno la stessa cosa: sia in Risiko che in A che in B, i giocatori devono lottare per ottenere il controllo di qualcosa, e hanno anche obiettivi (segreti o palesi) da portare a termine. 

Per quasi 30 anni tutti i giochi da tavolo assomigliano a Risiko. Vengono catalogati in base al loro color e, soprattutto, in base al tipo di dadi. Risiko è un d6; Poi c'è Γ che usa il d20 e c'è anche Δ che usa il d10, quindi nascono i giochi a base d20 e quelli a base d10. Assomigliano tutti a Risiko.

Poi, un giorno, ecco che arriva un gioco davvero diverso. Un gioco cooperativo, che ne so, Arkham Horror, e tutti i vecchi giocatori di "tradizionale" non lo riconoscono come gioco da tavolo perché troppo diverso da quello a cui sono abituati. Come dargli torto? Ci vuole tempo per ragionare sul nuovo, per capirlo e decidere dove inserirlo. Eppure noi, nel nostro mondo alternativo dove i giochi da tavolo non sono tutti simili a Risiko, sappiamo con certezza che Arkham Horror è un gioco da tavolo.

Ecco, questo è quello che è successo nel mondo dei gdr. 

Arrivati a questo punto ci tengo a sottolineare una cosa: non penso che i giochi tradizionali siano il male e non li sto criticando. Mi sto limitando ad osservare quello che è successo nella storia del gdr, e ho voluto utilizzare un esempio che fosse chiaro e ineccepibile. D'altronde, dubito che qualcuno possa smentire il fatto che in quasi 30 anni i giochi di ruolo siano rimasti molto simili tra loro (ci sono state piacevoli smentite, come On Stage), e che si possa parlare di giochi davvero diversi solo da una quindicina d'anni appena. È proprio così, e per qualcuno anzi è una cosa molto buona. D'altronde, tutti abbiamo nel cuore un gioco tradizionale molto speciale (per me è D&D).

Il gioco di ruolo

Dunque, riprendiamo il discorso: abbiamo detto che il gioco di ruolo ha prodotto giochi molto simili per molto tempo, poi un bel giorno sono arrivati questi giochi strani e hanno preteso di essere chiamati giochi di ruolo. Cosa fare adesso? Sono effettivamente molto diversi dai giochi di stampo classico, sarà sensato chiamarli gdr? Però sono anche molto diversi tra di loro, sono giochi sfuggenti, non vogliono seguire uno schema. 

Diciamo che non sono giochi di ruolo. Ok, va benissimo, ma cosa sono? Non sono giochi di comitato, o almeno, la maggior parte se ne discosta parecchio (e c'è comunque chi considera i giochi di comitato degli speciali giochi di ruolo), e non sono giochi di narrazione più di quanto non lo siano i gdr tradizionali. Alcuni di questi giochi nuovi poi ricordano i giochi vecchi: c'è quel  Mouse Guard là che è praticamente sputato ai classiconi, e anche quell'altro, come si chiama, Apocalypse Coso, non si discosta poi molto. E quindi?

Quindi quelli la sono giochi di ruolo, gli altri no. Ma sicuri sicuri? Perché no? 

Calmiamoci, prendiamo fiato. Riflettiamo. Le differenze sono palesi, e su questo nessuno discute, ma questi giochi strani e il gioco tradizionale hanno delle affinità? E soprattutto, queste affinità sono tali da differenziarli da qualsiasi altro gioco esistente? 
SI. Hanno affinità e queste affinità le hanno solo loro. 

Che vi piaccia o no, perché so già che qualcuno non sarà d'accordo, queste affinità esistono, e sono le seguenti: lo spazio immaginato condiviso, regole per dirimere conflitti sulla narrazione e le regole per gestire il flusso della narrazione (regole extradiegetiche).
Tutti i giochi di cui stiamo parlando, da Polaris a Dungeons & Dragons, da Trollbabe a Vampiri, da Avventure in Prima Serata a G.U.R.P.S, da Kagematsu a Exalted, hanno tutti queste cose. 

Tutti questi giochi hanno bisogno di uno spazio immaginato condiviso, perché è all'interno di esso che si muovono i personaggi e succedono le cose. Lo spazio immaginato condiviso è, e cito da questo mio articoloanche chiamato SIS, e comprende tutti gli elementi immaginati che i giocatori condividono tra loro in maniera verbale (o scritta, se giochiamo un play by chat o un play by forum). Non tutti avranno la stessa immagine mentale, ma in generale gli elementi saranno condivisi da tutti: se dico che la scena si apre a mezzogiorno, in una piazza ampia con una fontana centrale, tutti la immagineranno diversamente, ma l'importante è che tutti sappiano che si sta parlando di una piazza con una fontana al centro, all'ora di mezzogiorno. Quello è il SIS. Quest'altro mio articolo vi spiega perché esiste in tutti i giochi di ruolo.

Quella che viene comunemente indicata come interpretazione non è altro che muovere i personaggi in maniera coerente all'interno del SIS (se il personaggio è arrabbiato, allora lo si deve muovere coerentemente con la sua rabbia, e così via). 

In tutti questi giochi tutti i giocatori possono muovere personaggi all'interno di questo spazio immaginato condiviso e modificarlo tramite azioni che si verificano all'interno di esso, ma a volte il risultato delle loro azioni, o le azioni stesse, non sono scontati e possono essere messi in discussione. Tutti questi giochi danno ai giocatori un modo (regolamentato) per dirimere conflitti sulla narrazione. Una prova di abilità di D&D è un modo per regolamentare l'influenza dei giocatori sullo spazio immaginato condiviso, così come le mosse di Apocalypse World, le parole rituali di Polaris o il "That Might Not Be Quite So Easy" di Archipelago. 

Infine, in tutti questi giochi esistono regole per gestire il flusso e l'entità della narrazione: ossia regole che dicono chi può inserire informazioni, chi decide quali personaggi sono in scena, dove si svolgono le vicende e cosa succede quando si fallisce un tiro. I giochi tradizionali hanno chiaramente dei ruoli prestabiliti, con il GM che decide dove, quando, chi c'è e determina successi e fallimenti, e i giocatori che utilizzano solo il loro personaggio. Altri giochi distribuiscono le autorità narrative in maniera diversa, ma sono le stesse autorità narrative. 

Questi tre elementi esistono in tutti i giochi di cui stiamo parlando e non esistono in nessun'altra tipologia di gioco. Quindi, questo vuol dire che tutti questi giochi possono essere raggruppati in un insieme comune. Perché non chiamare questo insieme: gioco di ruolo?
Will Wheaton è il suo web programma: Tabletop. 

Inclusione, non esclusione

La comunità online ha sempre trovato modi diversi e disparati per urlarsi addosso a vicenda, e le definizioni sono sempre state il terreno di battaglia preferito. Secondo me è l'ora di finirla: i giochi del nostro hobby sono tutti giochi di ruolo, e sono diversi proprio perché è bello che ci sia diversità. 

Le definizioni sono importanti, ed è importante che siano inclusive. Personalmente le guerre di religione mi hanno stufato, da entrambe le parti, e spero che questo articolo possa in qualche modo smorzare le polemiche o fare chiarezza.

giovedì 11 febbraio 2016

Narrativo e simulativo: qualche riflessione in merito.

È da un po' che sento parlare di giochi narrativi contrapposti a giochi simulativi. Diverse volte ho dato la cosa per scontata e assodata, ma più ci ragionavo e più mi chiedevo se questa terminologia "popolare" potesse essere valida oppure nascondesse delle magagne, delle approssimazioni o addirittura dei madornali errori. 

Se paragonato all'età media dei giocatori di ruolo sono giovincello, e non ho vissuto in pieno la storia del gdr (cominciai nel 2004 con D&D 3.0), ma so che ai tempi in cui Vampiri iniziava a fare incetta di riconoscimenti e vendite era nata un'accesa diatriba (ma va, che cosa strana, noi nerd non le facciamo 'ste cose) tra i giocatori di vecchia data e quelli di Vampiri. Quest'ultimo era visto come un gioco narrativo, perché (sulla carta) improntato a storie di intimo orrore e drammi e non al picchiare coboldi nei dungeon. Secondo questa mentalità, i giocatori di Vampiri giocavano per interpretare e gli altri per l'avventura.
Illustrazione tratta dal gioco Vampyr della DontNod

Oggi, con più consapevolezza, tutto questo appare ingenuo, anche e considerato che giochi come Vampiri e D&D hanno tanto, troppo in comune (ruolo e poteri del GM, ruolo dei giocatori, abilità e uso delle stesse, regole dedicate al combattimento, filosofia di design) anche al di là di differenze tematiche evidenti. Infatti il termine "narrativo" ha subito mutato pelle quando sono arrivati giochi effettivamente diversi, molto più di quanto possano essere diversi D&D e Vampiri, che in vista di questa nuova rivoluzione sono stati accorpati dentro una macro categoria che qui in Italia chiamiamo "gioco tradizionale" (termine forzato e fuorviante, secondo me, ma non voglio parlarne qui). 

Questi nuovi giochi si sono presentati in netta rottura con il passato, spesso in modo polemico (e quindi a volte recepiti con antipatia), percorrendo nuove vie e abbandonando molta di quella zavorra che prima di allora era sempre stata vista come essenziale. Zavorra che spesso e volentieri viene indicata con il nome di "physical engine", termine coniato da Michele Gelli nell'articolo "i dadi non hanno senso estetico" (che potete trovare qui, nell'INCBook2010.). 

È proprio da qui che nascono i termini narrativo e simulativo per come li conosciamo oggi. Vediamo il loro significato:

Illustrazione di MoulinBleu
Simulativo

Un gioco che crea fiction (ossia crea uno spazio immaginato condiviso) tramite la mediazione di un physical engine. Mi spiego meglio.
Il physical engine è quella serie di regole che ti dice quanta forza ha il tuo personaggio, quanto salta in alto, quando danno fanno le pistole, quando è dura una porta di legno, ecc. Il suo intento è quello di simulare la fisica del mondo, o come ho detto in altri articoli, di simulare un'ambientazione. Questa volontà "simulativa" la si evince facilmente in giochi come Mutants & Mastermind, che hanno sotto-regole dedicate per ogni potere, ma è presente in tutto il filone cosiddetto "tradizionale".

L'obiettivo è quello di creare una realtà quanto più possibile oggettiva, in modo che il realismo sia il più vero possibile e non solamente percepito. 

Come dice qualcun'altro (Claudio Freda) prendendo in prestito il termine diegesi con l'accezione utilizzata spesso in ambito cinematografico (dove la diegesi è il racconto, il nostro spazio immaginato condiviso, la fiction), un gioco "simulativo" sarebbe un gioco che predilige o ha solamente regole intradiegetiche, ossia regole che gesticono gli elementi interni alla fiction, alla diegesi. 

Narrativo

Illustrazione dal manuale di Apocalypse World
Un gioco che crea fiction tramite regole che non simulano la fisica di un mondo ma il comportamento
della narrativa. L'idea di base è che è impossibile simulare la fisica con solo due numeretti e qualche dado (servono computer potenti e complesse formule matematiche per farlo) e che le leggi della fisica non possano ricreare da sole delle storie interessanti (e anzi, a volte siano un ostacolo). A questo proposito, il realismo percepito viene lasciato decidere direttamente alle persone che lo giocano (o al tono e fattori minori).

Secondo la terminologia sopra descritta, un gioco "narrativo" sarebbe un gioco che predilige regole extradiegetiche, che gestiscono gli elementi esterni alla fiction, ossia non i suoi elementi ma i suoi comportamenti.

Sono termini sensati?

A mio modesto parere non molto. La distinzione a cui questi due termini danno un nome sembrerebbe esistere, anche se non così nettamente come sembrerebbe in un primo momento. Esistono parecchi giochi che si pongono a metà tra le due impostazioni, penso per esempio a Mouse Guard o 3:16 o persino a Dungeon World, dove le caratteristiche dicono comunque quanto sei forte o intelligente e dove ce la regola per l'ingombro e il peso trasportabile (regole intradiegetiche). Ma potrei fare altri esempi, per esempio in Apocalypse World le armi hanno ognuna danni diversi in base alla potenza ed etichette per la distanza o la maneggevolezza (e queste sono regole intradiegetiche), o nel Fate Base dove le abilità indicano effettivamente le competenze di un personaggio (e ogni regola che quantifica la fiction è intradiegetica).

Oltre a questo, non sono termini molto sensati per via dei significati a cui rimandano. "Narrativo" dà l'idea di un gioco dove ce la si racconta senza tirare dadi, o dove non esiste una sfida (Anima Prime è li che se la ride) e "simulativo" dà l'idea di un gioco in stile Flight Simulator dove non c'è storia ma solo una fredda simulazione della fisica (e Pendragon è li che se la ride). 

Narrativo, specialmente, è un termine altamente fuorviante, perché tutti i giochi di ruolo sono narrativi. Pensateci: quello che caratterizza un gioco di ruolo è il SIS, ossia il nostro amico "spazio immaginato condiviso", detto anche fiction o diegesi. Questo è facilmente dimostrabile.

Prendete Risiko. In Risiko potete tranquillamente fare finta di essere un generale che impartisce ordini alle sue armate, creando a tutti gli effetti uno spazio immaginato condiviso. La presenza o meno di questo spazio immaginato però non inficia in nessun modo il funzionamento del gioco, è un più che potete mettere, ma non è importante. Risiko funziona benissimo anche senza, non ne ha bisogno (anzi, potrebbe venirne rallentato o peggio). Lo stesso discorso vale per Monopoli.

Un gioco di ruolo invece non esiste senza uno spazio immaginato condiviso. Pensate alla classica sessione di D&D in una locanda: il DM vi descrive una bettola puzzolente dove tutti vi guardano con occhio torvo e intenzioni poco raccomandabili. Uno di questi tizi, alto quanto un armadio e altrettanto grosso, vi spintona con la spalla e vi dice: «sterco di goblin, guarda dove metti i piedi o ti stacco la testa». Voi rispondete con un bel pugno sul grugno. 

Tutto questo avviene all'interno di uno spazio immaginato condiviso e non esiste al di là delle narrazioni dei giocatori. Senza questo spazio immaginato il gioco non esisterebbe (si, nonostante la griglia di battaglia).
Illustrazione di Svetlin Velinov
Quindi ogni gioco di ruolo è narrativo proprio perché non esiste senza uno spazio immaginato condiviso, e per avere questo bisogna narrare. Narra il GM, che vi dice dove siete e chi c'è attorno a voi, e narrano anche i giocatori, perché quando dite che voi fate qualcosa (tipo: «sfodero la spada») a farlo è il vostro personaggio, non voi. Voi state narrando utilizzando la tecnica della prima persona (niente vi vieterebbe di narrare anche in terza persona, volendo). 

È per questo motivo che trovo il termine "narrativo" altamente inadatto a descrivere i giochi privi di physical engine, perché ogni gioco è narrativo. Esattamente come trovo fuorviante anche il termine "simulativo" e persino il termine "phsycal engine". 

I giochi simulativi non simulano proprio nulla, hanno semplicemente delle regole per gestire direttamente alcuni elementi dello spazio immaginato condiviso. Sono regole che filtrano comunque la narrazione e non possono esistere senza di essa. Per applicare la regola che vi dice che il vostro personaggio si becca n danni ogni 3 metri di caduta, beh, nello spazio immaginato condiviso deve accadere qualcosa che permetta di usare quella regola: il vostro personaggio deve cadere per almeno 3 metri. Questa e regole simili non possono esistere senza narrazione.

E il physical engine non è un engine, non è un motore, perché non fa funzionare nulla. È un insieme di regole che messe li come sono messe significano poco. Funzionano solo se ci sono altre regole (esplicite o implicite) che le danno corpo e senso, regole extradiegetiche come la figura e il ruolo del GM (si, fa parte del sistema inteso come le regole applicate davvero al tavolo) o altre regole dove la figura del GM è meno essenziale o del tutto assente. Esse filtrano una narrazione, ma non la creano (sapere che il tuo barbaro di D&D solleva 300kg o il fucile a canne mozze di Apocalypse world fa tot danno è un poco poco per dare vita ad una fiction coerente, no?), quindi serve altro che dia senso a queste regole. Il vero motore quindi non sono loro, è altro, e quindi non sono un engine.

Infatti servono sempre regole extradiegetiche per mettere in correlazione e far funzionare tutte le regole intradiegetiche. Chi può aprire le scene, chi decide dove si trovano i pg, chi muove il mondo, chi decide cosa provano i personaggi e così via, anche regole che gestiscono in maniera più focalizzata il flusso della narrazione è così via. Tutti i giochi di ruolo hanno, implicitamente o esplicitamente, questo tipo di regole. Si, persino i tradizionali (spesso e volentieri sono regole implicite che lavorano al livello del sistema e non sono veramente scritte nel manuale). 

Che termini utilizzare?

Non ne ho idea. Seriamente, non credo che sia importante, anche perché le differenze potrebbero non essere così marcate come sembra. O meglio, potrebbero non essere così importanti come invece lo sono altri elementi. 

Voi che leggete avete qualche termine da proporre? Non siate timidi, se avete idee fatevi avanti.

Io a dire la verità sono un po' stufo delle divisioni e sarei per trovare termini inclusivi più che divisivi, ma se questi termini possono aiutare a capirci meglio (per esempio quando qualcuno chiede o consiglia giochi), ben vengano.